Il calendario — che il nonno teneva appeso al muro della cantina e papà tiene ancora appende nella sua officina — ha sempre esercitato un’attrazione speciale nella mia curiosità. A casa nostra vigeva una regola, così chiara d’averla vista piena zeppa di eccezioni: al netto del lavoro di ciascuno, alle donne spettava il tenere ordinato dentro casa, agli uomini la parte esterna della casa. Alle prime cucina-camere-bagno, ai secondi giardino-orto-tetto. Averli visti all’opera, tra accenni di urla e grazia di complimenti, è stata per me la prima annunciazione che il cristianesimo era una storia credibile: “Non parlare di Dio a chi non te lo chiede — suggeriva Francesco di Sales —. Ma vivi in modo tale che, prima o poi, te lo chieda”.
Gli uomini di casa nostra, appassionati di orti e giardini, erano gelosi di un oggetto: il calendario. L’appendevano al muro e, armati di penna, erano soliti appuntarsi delle note accanto ai giorni. Quando, sovente, andavo a staccarlo per sbirciare, accanto ai giorni trovavo scritto: “fragole, grano, potatura degli ulivi, semina delle patate”. Un giorno, bastian contrario, chiesi al nonno se era obbligatorio fare quelle operazioni proprio in quei giorni, o se si poteva farle quando si voleva. Fu chiarissimo: “Puoi seminare il grano anche a dicembre. Le fragole puoi piantarle anche a gennaio. Le patate puoi metterle-giù d’estate”. Lo seguivo, dunque gli chiesi: “Perché, allora, tu e papà vi segnate addirittura le lune-giuste per non sbagliare giorni?” S’illuminò, era il suo segreto: “Quelli sono i giorni favorevoli, i migliori: il grano si semina in autunno, le fragole da aprile a giugno, le patate dalla terza settimana di marzo in poi. Anche la natura ha il suo calendario: se la rispetti, lei sarà generosa”. L’orto di casa nostra è un giardino.
Giorni favorevoli, disse il nonno. Quell’aggettivo è stato il mio primo appunto di cristianesimo. “Favorevole” è aggettivo di guadagno: “La sentenza gli è stata favorevole”. Augurio per naviganti: “Che il vento ti sia a favore!” Avvisaglia per i peccatori: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza” (2Cor 6,2). Sono i giorni da appuntarsi nel calendario, da conoscere a memoria, come una donna conosce i suoi giorni di massima fertilità. Giorni di luna buona: è il mistero struggente della Quaresima cristiana. Giorni apparentemente uguali agli altri — identica scansione di ore, minuti, secondi — ma posizionati in maniera tale da essere favorevoli per la conversione, che altro non è se non la semina della santità. I greci, uomini d’una finezza impareggiabile, per parlare del tempo idearono due termini: kronos, il tempo cronologico (da cui cronometro), e kairos, il tempo favorevole-opportuno. Il cristianesimo, fine intenditore di tutto ciò che è bellezza, ha insegnato ad accorgersi, nello scorrere del tempo cronologico, di quei giorni che sono più favorevoli a far maturare il desiderio.
Com’è della terra, lo è dell’uomo, anche del cristiano: certe stagioni sembrano fatte apposta perché il cuore venga messo nella condizione migliori per aggiustarsi, correggendosi. La quaresima “è questione di vita o di morte — scriveva don Tonino Bello —. Non possiamo andare avanti così. Il frastuono ci sommerge. Le cose ci travolgono. Siamo divenuti aridi come ciottoli di un greto, disseccato dal sole di agosto”.
Per una curiosa coincidenza, quest’anno la quaresima inizia nel giorno di san Valentino, il patrono dell’amore. E’ dell’amore che la quaresima parla: come il noviziato dell’amore lo si fa nell’assenza dell’amore, così “il noviziato di Dio non lo fai se non nell’esercizio della preghiera che rimane senza risposta” (A. de Saint-Exupéry). Nella ricorrenza pagana dell’amore, l’annunciazione cristiana di quaresima: se amare è svuotarsi di sé per riempirsi dell’altro, fare quaresima è svuotarsi di tutto per riuscire ad ospitare il Tutto. Per accettare di farsi ospitare, a Pasqua, nel vuoto di un sepolcro ancor oggi misterioso da decifrare. E’ tempo di noviziato: mio nonno direbbe che sono i giorni buoni per uscire a seminare.