Vorrei spendere anche io due parole sulle vicende che hanno colpito il governatore della regione Lazio in questi giorni; in tutto quello che è uscito sulla stampa non c’è stato nessun approccio cordiale al dramma di Marrazzo, nessuno sguardo pietoso verso le debolezze di una persona che ha visto non solo la propria dignità ma anche quella dei suoi familiari e delle persone vicine calpestate.
L’uomo ama e bestemmia, uccide e perdona. Non è perfetto. In lui convivono opere di infinita carità come pure di sconfinato egoismo. Questo vale per i potenti, per i religiosi, per la gente comune. Il problema allora non è scoprire e giudicare il peccato dell’altro ma una misura comune a tutti, talmente grande da saper abbracciare il nostro limite.
Penso che continui ad esserci un’enorme confusione tra peccato e reato senza capire che il problema del peccato esiste perché esiste il problema del senso della vita. Uno percepisce che la vita ha un senso, ma essendo spesso incapace di dare fino in fondo questo giudizio rischia di sprecare il proprio tempo. Che peccato!
Il problema del peccato ha dentro di sé, cioè, il tema del desiderio e del rapporto col potere. L’esercizio del potere corre il rischio di farci sentire onnipotenti e di poter surrogare attraverso la realizzazione di tutto quello che ci passa per la mente la consapevolezza di esser finiti, destinati alla vecchiaia e alla morte; insomma anche quando pensiamo che il potere sia tutto in realtà chiediamo altro.
È questo Altro che ci definisce completamente e che solo può essere la risposta al nostro bisogno. In quest’ottica esercitare il potere vuol dire anche accettare la sfida di comprendere che non siamo noi la risposta ultima ai bisogni dell’uomo, men che meno ai nostri bisogni.
Fare politica ha allora un senso? Sì, se guardiamo a quei fattori che tornano a farci comprendere il mistero dell’esistenza e del rapporto con gli altri uomini. Solo così è possibile guardare in modo più profondamente umano e vero anche al nostro peccato, e quello dei nostri simili, e per questo abbracciare con rispetto la nostra sproporzione.
Il mio auspicio è che gli scandali di questi mesi servano ad aprire un dibattito serio e costruttivo sulla “questione morale”, che vada oltre il gioco dei ricatti, un momento per riconoscere le nostre debolezze, e senza farci scudo di esse, innescare una tensione positiva soprattutto nella politica per ricondurla al suo senso originario: il bene del popolo.
Se insomma ci mettiamo in discussione di fronte a quello che è accaduto, non potremo non trattarci con maggior rispetto, certi di essere non migliori degli altri ma tesi al raggiungimento del bene comune.