Lampedusa, un Disegno e tante domande

Ci sono giornate in cui improvvisamente le vecchie categorie con cui giudichiamo tutto appaiono vecchie e inadeguate. Ieri, a Lampedusa, è stata una di quelle. GIUSEPPE FEYLES

Gli avvenimenti ci travolgono senza che possiamo né prevederli, né governarli. Doveva essere la settimana della decadenza del Cavaliere, e a breve qualcosa a proposito succederà. Poi d’improvviso è diventata la settimana delle dimissioni, prima dei parlamentari del Pdl, poi dei ministri, poi addirittura del governo e poi di nessuno più. E anche su questo siamo all’inizio di un tempo incerto. 

Ma tutto ciò oggi appare sotto una luce diversa, dopo la notizia della enorme tragedia di Lampedusa. Centinaia di morti affogati e moltissimi dispersi. Migranti provenienti dall’Eritrea e dalla Somalia, le terre verso cui nel secolo scorso abbiamo rivolto i nostri cannoni. Si fa fatica a visualizzare il volto di tante persone annegate. Non ci si rende conto di cosa significhi valicare le montagne dell’Eritrea e poi il deserto del Sudan, la Libia, la traversata, l’incendio, il naufragio. 

Alcuni corpi sono stati recuperati, altri restano in fondo al mare. Ci sono bambini e donne incinte. L’Africa intera sembra un continente alla deriva. I numeri delle migrazioni sono spaventosi: le soluzioni inefficaci. Insufficiente pensare a nuove leggi: al 2010 le condanne per il reato di immigrazione clandestina sono state appena 12. Non è accettabile il solo contenimento forzoso o militare. È ipocrisia delegare la repressione ai governi del nord Africa, magari approfittando dei loro dittatori, come abbiamo fatto in passato. Non è neppure realistico teorizzare di potere integrare tutti coloro, e sono milioni, che vorrebbero fuggire dalla miseria e dalla violenza. Lavorare per lo sviluppo dei paesi d’origine sarebbe giusto, ma non può produrre frutti nè oggi, né nell’immediato futuro. Ed è giusto anche pretendere sostegno dall’Europa. 

Resta lo straordinario sforzo di accoglienza degli organismi preposti e dei volontari. Ma c’è comunque un senso di impotenza. Anche un senso di vergogna, come ha detto ieri il Papa. Penso allora convenga riascoltare le sue parole. Nella sua recente visita proprio a Lampedusa ha detto: “Adamo, dove sei?: è la prima domanda che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato. «Dove sei, Adamo?». E Adamo è un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. E Dio pone la seconda domanda: «Caino, dov’è tuo fratello?»“.

Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello. Queste due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza; tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito“. 

C’è forse qualcuno che di fronte a tragedie come quella di Lampedusa può dire qualcosa di più vero? Non è un richiamo che esenti dal ricercare soluzioni concrete ma ne è piuttosto la condizione di partenza. Tanto è vero che le stesse domande papa Francesco le ha poste anche nella straordinaria veglia di preghiera per la pace in Siria e in quel caso qualcosa si è mosso, fin nei palazzi del potere più alti. 

Questo Papa si sta ponendo come una pietra di scandalo di fronte al mondo. Si afferma a modo suo, diverso dai predecessori. Parla con un’autorità che non gli deriva dai particolari curiosi del suo comportamento, ma dalla Fonte di quello che dice. Vedo che molti già lo definiscono, a seconda dei propri schemi precostituiti. Penso sia imprudente. 

Occorre aspettare. C’è un Disegno, ma ancora non se ne capisce la trama. Alcuni paventano il pauperismo, altri il moralismo, altri il relativismo e, all’opposto, c’è chi esulta per la fine del dogmatismo o del collateralismo. Ma ci sono giornate in cui improvvisamente le vecchie categorie con cui giudichiamo tutto, dalla politica, al momento storico della Chiesa, fino alle tragedie che la vita ci sbatte in faccia, appaiono vecchie e inadeguate. 

Ieri, ad esempio, è stata una di quelle. Ed oggi il Papa sarà ad Assisi, un gesto sicuramente grande. Sarà conveniente ascoltare e guardare.

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