A casa di Zhu Lan per riscoprirsi cristiani

Zhu Lan, sua madre e suo figlio sono l'esempio di come il cristianesimo può andare avanti anche in condizioni difficili come in Cina. FERNANDO DE HARO

Il nuovo regolamento del presidente Xi Jinping, entrato in vigore all’inizio di febbraio, vuole “cinesizzare” definitivamente le religioni, in particolare il cristianesimo. Il progetto è vecchio almeno quanto la salita al potere di Mao alla fine degli anni ’40. Sembra che questa volta avrà un costo minore in termini di sangue e che non impedirà che poche cose importanti vengano trasmesse. Lo si vede bene nella casa di Zhu Lan, un appartamento di 45 metri quadrati in cui vive con suo marito, sua madre e suo figlio. Niente a che vedere con gli enormi grattacieli costruiti nel Bund o con le vie dello shopping, dove c’è un lusso esagerato tra Ferrari e vetrine dei negozi di moda e di gioielli con oggetti più cari di quelli che si trovano a Londra o Parigi. La casa di Zhu Lan è in un edificio costruito negli anni ’70, a pochi chilometri dal centro finanziario, con le finestre che si chiudono male, i balconi pieni di vestiti appesi e insegne del partito a ogni angolo che spiegano come comportarsi per “il bene di tutti”. Sono gli stessi slogan che, stampati a caratteri cubitali, pendono da alcuni edifici e che nessuno legge.

Zhu Lan, 50 anni, ascolta la musica mentre cucina. Nella piccola sala da pranzo, sua madre, 80 anni, recita il rosario. La madre di Zhu Lan, Xu Feng Ying, non parla mandarino, ma solo la lingua di Shanghai, e quando sorride, cosa che spesso fa, lascia intravvedere pochi grandi denti. Ricorda molto bene “i tempi bui” successivi all’arrivo al potere di Mao. Non è molto esplicita nel fare riferimento a quegli anni che hanno portato all’arresto del cardinale della città, Ignazio Kung Pin-mei, molti martiri e 70 milioni di morti. Lei lavorava in un laboratorio di cucito perché la sua famiglia era povera, “anche se eravamo già da sette generazioni cristiani”. Le cose peggiorarono quando arrivò la rivoluzione culturale, a metà degli anni ’60, quando nacque sua figlia Zhu Lan, quando le chiese furono assaltate e chiuse. Le duole il non aver potuto educare sua figlia nella fede.

Zhu Lan ritorna dalla cucina e si siede alla stessa piccola tavola dove stava sua madre. “Degli anni della rivoluzione culturale ricordo poco, ero piccola. Ricordo che si parlava di brutte cose che stavano accadendo”. Zhu Lan ha incontrato la fede “per caso”. Un giorno entrò in una chiesa, cominciò a chiedere cosa fosse il cristianesimo e “così ho recuperato qualcosa che avevo nel profondo, quindi ho deciso di farmi battezzare”, dice. Era già nato Wu Shi Kan, suo figlio di 23 anni, che mentre parliamo torna dal lavoro. 

“Cosa pensi del fatto che il vostro vescovo è agli arresti domiciliari e gli altri vescovi sono stati arrestati?”. “Questo è un argomento molto delicato”, mi risponde. È la stessa frase che tutti ripetono da quando a febbraio è entrato in vigore il nuovo regolamento per “cinesizzare” le religioni. Nemmeno Zhu Lan ha fatto battezzare suo figlio. “Dopo essere stata battezzata, ho pregato senza sosta perché si facesse battezzare anche lui”. “E perché ti sei fatto battezzare?”, chiedo a Wu Shi Kan. “Mi sono fatto battezzare perché ho visto mia madre molto contenta”, risponde il giovane. “Qui la fede si vive con la libertà?”, gli chiedo. “Sì, ma ci sono cose che conviene non fare”, mi risponde. “Per esempio?”, insistito. “Non si dovrebbe rispondere a interviste come questa. Se lo avessi saputo avrei raccomandato a mia madre di non farla”, mi risponde.

La franchezza non manca a casa di Zhu Lan. Né una buona cena. Tre generazioni unite nel credo, quando tutto sembrava finito. La casualità, la curiosità e la gioia hanno ricomposto la catena. Se questa è la formula in Cina, forse può funzionare anche nel mondo libero.

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