Lei è una di quelle là: del lampione e delle lenzuola, degli spasimi e dei compensi, della carne lurida e della corpulenza eccitante: “Non era una bellezza mozzafiato, ma emanava una potente sensualità, dalla massa dei suoi folti capelli corvini allo scatto delle anche quando camminava” (E. Bunker). Una bagascia d’intrigo, “una donna, una peccatrice di quella città” (Lc 7,36-50): tutti a ridere dei matti in piazza, purché non siamo della loro razza. Il Nazareno accetta con gusto l’invito a cena da un fariseo: “Chissà se saprà che onore gli concedo” — medita tra sé Simone. “Chissà se avrà preparato tutto bene” — ribatte tra sé l’invitato, che in quella spavalderia mostra di starci a piacimento: “Entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola“. Certe sfide esigono il faccia a faccia.
Nell’attimo in cui la tenda si gonfia, lei è già entrata. Le uova sono già rotte nel paniere, la faccia di Simone è un circo senza biglietto d’ingresso: “Dove va? Che ci fa? Cacciatela immediatamente! Che vergogna: proprio stasera doveva arrivare questa sfaccendata?” La sfaccendata, la poco-di-serio, la scassata del Vangelo. La storia — quella immensa della salvezza, quella minima di ciascuno — non si cambia chiedendo permesso: “Stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo“.
Quel Predicatore ramingo, giorni addietro, le confidò segreti nobilissimi, piantò in lei il germe di sogni più grandiosi: le pietre scartate diverranno pietre angolari, roba di sostegno. Nessuna parola le aveva così infiammato il cuore: lei gli ha dato credito, Lui non l’ha abbindolata. Rannicchiata, gli prende i piedi, ne slaccia forse i sandali, li palpa per bene: passa le dita dentro a quelle dei piedi di Lui. La furia di Simone è cieca, muta e sorda: “Adesso cosa diranno gli altri? Diranno che di notte vado con quelle donnacce. Che l’ho invitata io, che sapevo tutto, che potevo mandarla a casa e non l’ho fatto”. La bigiotteria di Simone è roba tarocca, la si riconosce dalla vetrina, tanto fumo e poco arrosto: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice“. Sembrano una muta di cani inselvatichiti, la finta buona creanza di chi se l’è fatta addosso: “Maestro, dì pure!“.
Quando il gioco diventa troppo duro per tutti gli altri, è proprio allora che al Cristo inizia a piacere assai: “Vedi questa donna, (Simone)?“. La condanna di Simone inizia dalla vista: dover vedere esattamente quello che si voleva a tutti i costi far stare in ombra. Non mi hai dato l’acqua per i piedi, non mi hai dato un bacio, non mi hai profumato il capo.
“Vedi questa donna, (Simone)?“: mi ha lavato i piedi, non ha cessato di baciarmi, mi ha cosparso di profumo. Meno male c’è stata lei, Simone. Altrimenti sarei stato a disagio con voi, stasera. L’assoluzione è piena. Il fatto, un tempo, sussisteva; ora quel fatto non sussiste più: “Ti sono perdonati i tuoi peccati“. Il peccato, oltre al suo lordume, porge il vantaggio di guardare Dio con un occhi nuovi, al pari degli artisti: “Il nostro peccato allora diventa quasi un gioiello (…) Si fa i signori, quando si regalano i gioielli, e non è sconfitta, ma gioiosa vittoria lasciare vincere Dio” (Papa Francesco). Certe bagasce, in quanto a cortesia, sono più evolute dei farisei.
Nessun nome sta cucito addosso alla donna: solo informazioni-seconde su ciò che poteva essere stata prima d’allora. Informazioni di prima mano, invece, su ciò che, all’indomani di quella cena, divenne: l’incubo di Simone, l’orgoglio del Messia, l’incoraggiamento di tanti. Ammonimento: “Ah! Non insultate mai la donna che cade! Chissà sotto quale fardello quella donna cade” (V. Hugo). Più che del peccato, quella fu donna del ritorno: saputo, forse, da una comare della presenza del Guaritore, colse la palla al balzo per tornare a trovarlo. Per ridargli in profumo ciò che, anzitempo, lui le aveva donato: la leggiadria dell’annuncio che nulla era ancora tutto perduto. Era pronta per assaltare il Regno di lassù: nessuna perla si scioglie nel fango. L’ha capito anche Simone, alla fine.