Serve il cuore di un papà

Tre eventi emblematici del rapporto tra adulti e giovani hanno fatto clamore sui media questa settimana. E papa Francesco è la chiave di tutti. MAURIZIO VITALI

Tre eventi emblematici del rapporto tra adulti e giovani hanno colpito tutti, per via mediatica, questa settimana.

Domenica 15. Papa Francesco è a Corviale, periferia romana; risponde alle domande dei ragazzini. Emanuele non ce la fa a formulare la sua: una roba che morde il cuore. Il pontefice se lo tira in braccio e ascolta quello che il piccinino gli singhiozza nell’orecchio. Vuole sapere se il suo papà, ateo ma bravo, che ha fatto battezzare quattro figli, è salvo in paradiso. Conosciamo tutti la risposta: non una lezioncina su morte giudizio inferno e paradiso fatta mantenendo le distanze, ma la rassicurazione che il cuore di Dio è il cuore di un papà. Una risposta dentro un abbraccio. Nel cuore di Emanuele c’è un’urgenza dolorosa che nemmeno sa formulare. In Francesco c’è un’autorevolezza indiscutibile non (solo) per il dogma dell’infallibilità, ma per la capacità di ascoltare quel gemito inesprimibile e di testimoniare una Presenza che vi corrisponde. L’episodio è strepitoso nella sua unicità: impossibile incasellarlo in una “tipologia” già saputa.

Mercoledì 18 gira ovunque il video virale degli studenti delle scuola secondaria superiore che sbeffeggiano e umiliano un por crist di professore 64enne che a nulla si ribella se non alla tentata (e fallita) sottrazione del suo tablet, magari inteso come registro. L’episodio viene immediatamente protocollato nella già ben nota categoria “bullismo”, e perciò arcignamente stigmatizzato da tutti. Basta, non deve più accadere, una volta non era così, tutta colpa del ’68, si prendono troppe libertà, è ora di finirla, disciplina ci vuole, rispetto dell’autorità, sanzioni severe ai reprobi, aumento in busta paga agli insegnanti a tutela della loro dignità. Regole. Le regole! Certo, scorrettezze, violenze e soprusi vanno sanzionati; il rispetto degli altri, forti o deboli che siano, va inculcato. Ma come e da chi, in una società che esalta i (pre)potenti e scarta i perdenti? Il vero problema che ci viene sbattuto sul muso è l’emergenza educativa (come sottolineato da osservatori attenti, come ad esempio Antonio Polito in un editoriale sul Corriere della Sera. E la strada, abbiamo già scritto su queste pagine, è quella di un’alleanza educativa genitori-insegnanti-ragazzi. Non c’è educazione senza autorità, autorevolezza reale (auctoritas, colui che fa aumentare, crescere). L’autorità va certamente protetta e tutelata, ma non si crea per legge né, oggi soprattutto, per ruolo (quando si dice infallibile ex-cathedra non s’intende la scrivania su predella del docente). Si mette in gioco, e si rischia, sul campo.

Giovedì 19 si diffonde da Brescia la notizia che Sanaa Cheema, una 25enne di famiglia pakistana, un lavoro, amici, forse un amore, e una vita come le sue coetanee italiane, sarebbe stata uccisa da papà e fratello perché non accettava un matrimonio combinato secondo una vecchia usanza, oggi messa fuori legge anche in Pakistan, ma non per questo cancellata. Siamo di fronte a una barbarie insopportabile. Qui l’autorità c’è eccome: il padre-padrone. Gli usi costumi e valori tradizionali, pure: regole, inviolabili, a costo della vita di una figlia e di una sorella (chi ci crede alla versione dell’infarto o del malore?) A Lucca, difetto di autorità. A Brescia/Pakistan, eccesso. A Lucca troppa (malintesa) libertà che cancella l’autorità. A Brescia/Pakistan l’autorità che cancella, non concepisce neanche, la libertà, l’esigenza del cuore di Sanaa di una strada in cui cercare il proprio compimento e al propria realizzazione.

Cosa c’entra il papa? C’entra perché con il gesto di Corviale mostra che l’incontro tra autorità e libertà è possibile in un abbraccio, una unità in cui entrambi i “poli” sussistono senza che l’uno assorba o annulli l’altro. E’ nella tensione tra essi, come tra due elettrodi, l’arco dell’energia della vita. Come, supremamente, tra Grazia e libertà. Così è tutta la sua concezione della realtà, un pensiero maturato attraverso una formazione teologica e filosofica di prim’ordine, alla scuola dei più grandi pensatori cristiani europei e latinoamericani (come ha ben mostrato il recente lavoro di Massimo Borghesi, Jorge Mario Bergoglio, una biografia intellettuale). La dimensione intellettuale è inscindibilmente unita, nella personalità del pontefice, con quella mistica e quella pastorale. Egli compie i gesti che vediamo e parla il linguaggio della semplicità perché gli interessa andare dritto al cuore delle persone. Errore grave pensare che si tratti di gesti emozionali o buonisti, senza valore culturale. Tutt’al contrario. La sua è una concezione (assai cristiana!) che non fa fuori B per affermare A, ma getta ponti e apre percorsi. Per i bulletti, i prof por crist, le ragazze islamiche desiderose di libertà, i loro padri che non conoscono la Bellezza disarmata di Cristo.

Qualcuno ha in mente un’alternativa migliore?

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