L’arte dei vivi

Non scolpisce quasi più, si è ritirato, ma ha ricevuto l'incarico di professore onorario di scultura all'Accademia di Belle Arti di Carrara. E' Maurizio Cattelan. GIUSEPPE FRANGI

Nei giorni scorsi l’Accademia di Belle Arti di Carrara ha nominato Maurizio Cattelan professore onorario di scultura. Per chi non lo conoscesse Cattelan è l’artista italiano vivente più famoso nel mondo, per quanto da qualche anno abbia scelto di ritirarsi e di dedicarsi solo ad apparizioni come quella a Carrara, che, a ben vedere, sono modi diversi di esercitare il proprio destino di artista. Ad esempio, nella città toscana del marmo (Cattelan, per quanto valgono ancora queste schematizzazioni, è stato uno scultore) l’artista padovano ha voluto presentarsi progettando le tombe per altri artisti del passato recente che per lui sono stati importanti e che a lui sono stati cari. Ogni tomba era un’interpretazione affettuosa e ironica dei caratteri di ciascun personaggio. Tra le tombe ha incluso una lapide anche a se stesso. Poi come introduzione a quell’improvvisato camposanto ha messo una scritta che recita così: “Questo è un luogo che ospita coloro che sono stati artisti… persone che nel corso della vita, si sono fatti creatori di un’impronta sulla strada dove l’umanità instancabilmente avanza”.

Se oggi è interessante soffermarsi su un personaggio come Maurizio Cattelan è proprio per questa sua scelta ascetica (e anche ironica) di astenersi dal “fare” per lasciare più spazio al pensare. Una scelta non nuova, visto che nella storia dell’arte del 900 aveva contrassegnato una figura provocatoria e di importanza capitale come quella di Marcel Duchamp.  

Insomma, Cattelan è diventato per noi tutti interessante per come si pone e per quel che dice, ricoprendo una funzione un po’ inclassificabile e spuria che ricorda quella del grande Foster Wallace nell’America a cavallo di millennio. Il suo breve discorso tenuto a Carrara in occasione del riconoscimento assegnatogli, ha più di un’assonanza con il modo di porsi in contesti pubblici di Wallace. “Il mio caso è la dimostrazione che a volte s’impara di più sulla strada di scuola che nella scuola”, ha esordito. “Voglio ringraziare tutti gli artisti passati e presenti per essere stati miei maestri silenziosi. … Alcuni di loro mi hanno mostrato che fare arte è come possedere le menti. Con la loro pratica, molti artisti mi hanno suggerito che senza disciplina, silenzio, determinazione, sacrificio, passione, gioia, follia, rischio ed irrazionalità, il risultato del nostro lavoro è puramente un esercizio di stile”.   

È paradossale ma anche estremamente significativo avvertire una tale fiducia e passione rispetto all’arte da parte di uno che ha scelto di astenersi dall’essere artista. Ma questa sospensione dal produrre libera un’energia che è generatrice di stimoli preziosi per tutti. Non a caso Cattelan ha concluso così il suo discorsetto: “Vorrei ringraziare inoltre tutti gli studenti di quest’Accademia, che con il loro entusiasmo e creatività saranno gli artisti di domani”. E a loro aveva fatto anche questa raccomandazione: “Penso che sia importante che i giovani abbiano la libertà di emanciparsi dal passato, di reinventare la vita con formati e contenuti che noi non abbiamo ancora usato. Dovrebbero incendiarci, distruggerci e ricostruire”.

Ma tra i tanti stimoli mi piace segnalare questo, intercettato in una delle interviste rilasciate dall'”ex artista” in occasione di questa sua comparsata pubblica a Carrara. “Credo che il dovere dell’arte sia di fare domande, non fornire risposte. Se davanti a un’opera vuoi una risposta chiara e univoca, sei nel posto sbagliato. Se sei capace di creare domande attraverso un’opera, puoi considerarti un artista: è un compito rischioso, puoi scoprire cose su di te e sugli altri che avresti preferito non sapere. Se fosse facile le opere potrebbero essere progettate da macchine. I lavori più interessanti che ho visto negli ultimi tempi sono quelli in cui vedi una lotta incompiuta, in cui puoi percepire un mistero profondo, un segreto”. 

Per quanto abbia fatto i monumenti ai suoi amici artisti morti, Cattelan ci ha fatto capire che l’arte è un grande campo aperto per i vivi.

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