”Si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno le orecchie dei sordi” (Is. 35,4). Inizio questo nuovo ciclo di editoriali con un giudizio che può sembrare paradossale. Dopo il Meeting di Rimini di quest’anno non possiamo più vedere e sentire la realtà con gli occhi e le orecchie di prima. Qualcosa del nostro “io” è rinato o almeno dovrebbe rinascere. Dopo aver sentito la storia di Abramo presentata da Buccellati e da don Ignacio Carbajosa, il dialogo tra don Julián Carrón e Joseph Weiler, la meditazione dell’abate Mauro Lepori, le testimonianze commoventi del parroco di Aleppo e di Erbil e tanti altri incontri, come possiamo restare come prima? Questi testimoni hanno sfondato il muro dell’indifferenza, della viltà, della scontatezza con cui troppe volte stiamo nella realtà. Scrive l’Apostolo san Giacomo “Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno promesso a quelli che lo amano?” (Gc 2, 1-5).
Con Papa Francesco i poveri, sovente ricchi nella fede, emergono dalla cultura dello scarto; la nostra stessa vita, dopo occasioni come il Meeting prende più coscienza di ciò che riempie il nostro cuore della mancanza di Cristo e di uno sguardo più misericordioso su noi stessi e sulla realtà.
Siamo meno sordi e quelli che non avevano diritto di parola oggi parlano nelle testimonianze di ciò che fa la Chiesa in Siria, in America latina e in tante altre parti del mondo. Il miracolo che ha compiuto Gesù nel Vangelo che si legge domani, la guarigione del sordomuto, in un certo senso riaccade in noi e in tante situazioni del mondo. “Dalla crisi di oggi si esce solo attraverso la testimonianza”, ha detto il rabbino Weiler. “La mia attività di docente mi porta a contatto con molti giovani in ogni parte del mondo. Dappertutto ritrovo la stessa ossessione per i diritti. Mai che un ragazzo mi chieda quali sono i suoi doveri, le sue responsabilità. La colpa di quello che accade è sempre di qualcun altro”.
Dobbiamo riconoscere che la storia della Chiesa, in cui sono vissuti tanti santi e giganti della carità, da cui sono nate opere come quella di San Vincenzo de Paoli, del Cottolengo, di San Giovanni Calabria, di San Giuseppe Calasanzio e tantissimi altri, oggi, come ha detto al Meeting don Carrón, registra la presenza trasversale di uomini di sensibilità rara, che sono capaci di sfondare l’orizzonte angusto nel quale ci sentiamo confinati. E’ proprio vero quello che ha detto suor Angela Maria Bertelli, missionaria in Thailandia, che “c’è un Signore che si nasconde nei miseri, nei più piccoli, nei rifiutati”. Com’era la gente intorno al sordomuto quando vede il miracolo che compie Gesù? Immaginiamo quale gioia, quale speranza suscita nelle folle.
E’ la stessa che irrompe nel cuore di chi partecipa ad una udienza con Papa Francesco o ritorna dal Meeting. Sentire Padre Ibrahim, Parroco di Aleppo dire: “Veder crollare il monastero di Mar Elian, come decine di chiese di Aleppo, infligge una sofferenza inenarrabile, provoca orrore e paura, ma non uccide la storia e la cultura di un popolo, quale che sia l’utilizzo mediatico di queste efferatezze… siamo pronti a ricostruire una dopo l’altra tutte la chiese e i monasteri che verranno distrutti”. E’ la stessa speranza che ho io nel cuore dopo la morte di mio nipote Andrea, soffocato per un rude intervento di chi doveva soccorrerlo.
Circondati da un così gran numero di testimoni, camminiamo con fiducia sulla strada che ci indica Papa Francesco.