I Capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri dell’Unione europea si sono riuniti a Bruxelles l’11 e 12 dicembre scorsi. Si è trattato di un Consiglio europeo caldissimo sin dai giorni che lo hanno preceduto: sono stati affrontati temi estremamente delicati i cui risultati sono ancora molto difficili da decifrare. In particolare le questioni finanziarie ed economiche, l’energia e i cambiamenti climatici, il trattato di Lisbona e l’Europa della difesa sono stati al centro di un dibattito che alla vigilia si preannunciava come quello più acceso e insidioso: il pacchetto 20-20-20 su clima ed energia, ovvero l’ambizioso programma per ridurre entro il 2020 le emissioni di CO2 del 20% e contemporaneamente aumentare della stessa percentuale l’efficienza energetica e la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili.
Doveva essere il Consiglio della grande rottura tra Unione europea e Italia, il cui veto avrebbe impedito l’approvazione di misure sulle quali i vertici dell’Unione europea, ed in particolare Il presidente del Consiglio di turno Sarkozy e il Presidente della Commissione europea Barroso, avevano concentrato buona parte dei loro sforzi e delle loro aspettative per il futuro. Sarkozy, infatti, ha sempre sottolineato l’intenzione dell’Europa di non fare marcia indietro. Ma allo stesso tempo ha messo anche in evidenza la ragionevolezza della posizione di coloro, e tra questi anche l’Italia, che allertano su quelli che possono essere i rischi per l’occupazione e la sostenibilità del sistema industriale di vari Paesi. Su posizioni simili è sempre stato anche il Presidente della Commissione Barroso secondo il quale gli obiettivi del pacchetto non sono negoziabili, ma è comunque necessario garantire un’equa distribuzione dei costi del pacchetto con una flessibilità a fronte di “preoccupazioni giustificate”.
L’intesa sul pacchetto clima – l’argomento centrale di questo summit tra i premier europei – è stata raggiunta con sforzi e trattative che hanno visto protagonista il governo italiano. Il piano sui cambiamenti climatici, modificato con degli emendamenti per alleggerire il suo impatto sull’industria e sugli stati Ue più poveri e un accordo d’incentivi per la ripresa economica da 200 miliardi di euro, è stato avallato, concludendo così nel migliore dei modi la riunione dei leader dei Ventisette. Sono state soddisfatte le richieste italiane alla luce del fatto che si è valutato attentamente tutti gli aspetti legati all’impatto e alla competitività.
L’accordo riflette un ammorbidimento delle posizioni iniziali ed è stato lo stesso presidente Berlusconi – il quale ha ricevuto i ringraziamenti di Sarkozy per aver agevolato il rapido raggiungimento dell’intesa – a spiegare che le misure saranno adottate dopo il 2013 e che dopo il 2010 ci sarà una rivisitazione di queste misure sulla base dei risultati della conferenza di Copenhagen. In questo modo l’Europa – e con lei l’Italia – si è posta all’avanguardia sull’ambiente, ma senza pagare per tutti. Un risultato pieno e soddisfacente dato che il parere italiano è stato ascoltato in ben 15 casi, in particolare sulla difesa delle industrie manifatturiere. Sono perciò saldi gli obiettivi di riduzione dei gas serra tenendo in considerazione le esigenze dei diversi paesi. Si punta alla sostenibilità delle misure delle diverse economie nazionali nel segno della concretezza, come l’Italia pretendeva negli interessi dell’economia globale.
Dal summit è arrivata inoltre la conferma di un accordo di principio fra i capi di governo sulle concessioni all’Irlanda che consentirà a Dublino di tenere un secondo referendum entro il novembre dell’anno prossimo sul trattato di Lisbona. In base all’intesa, all’Irlanda verrà concessa la garanzia che tutti gli stati dell’Ue avranno il diritto di avere un posto nella Commissione, cancellando l’idea di voler rendere più agile la massima espressione dell’esecutivo Ue, come era stato stabilito nel trattato. Infine, due punti che forse hanno avuto meno attenzione da parte dei media, ma che hanno certamente un’importanza centrale all’interno delle politiche europee: le questioni economiche e il tema della sicurezza e della difesa.
Sul primo punto l’Europa si è espressa a favore di un rafforzamento della stabilità, della supervisione e della trasparenza nell’ambito del settore economico-finanziario, sul secondo si è espressa ancora una volta verso nuovi obiettivi per garantire ai cittadini europei la sicurezza internazionale. Alla luce degli arresti avvenuti qualche giorno fa a Bruxelles che hanno modificato i piani di 16 terroristi pronti a colpire il cuore delle istituzioni europee, si intuisce quanto l’Europa sia chiamata a non far calare l’attenzione su questi temi.