Se l’arena politica, i suoi uomini e le sue espressioni sono il luogo del confronto, anche aspro, sui temi cruciali per l’oggi del Paese (pensiamo al difficile rapporto con l’Europa, allo stato del nostro sistema bancario, all’immigrazione e alla lotta al terrorismo — tutti temi che hanno visto l’Italia, in questa tiepida e altalenante estate, coinvolgersi e confrontarsi su posizioni anche radicalmente opposte), come si prospetta il dibattito del prossimo autunno che sarà, inevitabilmente, determinato dalle questioni istituzionali rimaste un po’ in sordina durante le ferie agostane: il referendum, il giudizio sulla costituzionalità del nuovo sistema elettorale, le prospettive di ulteriore modifica dello stesso, e altro ancora?
Le questioni di tale natura infatti hanno, inevitabilmente, due facce, entrambe da tenere presenti pur nella loro profonda diversità: da un lato esse chiamano a scelte destinate a durare nel tempo, scelte — in un certo senso — “tecniche” (che volto assumerà l’attuazione dell’eventuale cambiamento costituzionale, come si muoverà il sistema politico a fronte di una nuova legge elettorale, come si posizionerà il Paese rispetto ai partner europei in presenza/assenza di nuove forme istituzionali…) che si mischiano al contingente, ai sentimenti favorevoli o contrari alle scelte politiche compiute, al giudizio sul passato del Governo, alle prospettive di nuove alleanze tra gruppi politici o di interesse.
Prima dell’estate il dibattito sulle riforme si era mosso in modo drammaticamente oppositivo, con toni aspri e argomenti che tendevano a radicalizzare le posizioni e ad alzare il tono del conflitto politico. Tutto, ovviamente, più che comprensibile vista la posta in gioco, sia politica (pro/contro il capo del Governo) sia istituzionale (le scelte di fondo, le regole portanti del sistema, destinate a durare ma dagli effetti difficilmente prevedibili) ma che non prometteva gran che. Entrambi i risultati (una nuova Costituzione o il permanere della vigente) se ottenuti a questo prezzo, apparivano inadeguati rispetto alla posta in gioco, quella di un rinnovamento effettivo delle dinamiche istituzionali di un Paese, di una spinta innovativa che potesse aiutare l’Italia a riprendere la via dello sviluppo e della modernizzazione, di uno stimolo al sistema partitico a riprendere la capacità di dialogo e di confronto in grado di rinsaldare la democrazia nazionale.
E siccome, al prospettarsi del nuovo anno sociale, si dovrà entrare ancora nel vivo dei problemi, e schierarsi, almeno come singoli elettori o come esperti o come opinion leader, come predisporsi alla campagna referendaria, da dove pescare una ispirazione positiva che porti a scelte di ampio respiro e di sicuro futuro, qualunque siano gli esiti del referendum?
Un apporto interessante è stato offerto dal discorso del presidente Mattarella all’apertura del Meeting di Rimini, che ne ha riecheggiato il tema (“Tu sei un bene per me”) e ha dato forma compiuta a interventi precedenti di Luciano Violante e di Giorgio Vittadini, apparsi sulla stampa nazionale. Riflettendo sul tema dei 70 anni della nostra Repubblica, oggetto di una delle mostre centrali del Meeting stesso, il presidente ha ripercorso la nostra storia, prefigurando le condizioni per il permanere di tutto il positivo che da essa si può trarre. Fondamentale il tema dell’unità e il richiamo alla stessa. Una citazione per tutte, rivelatrice dell’animus dell’intero discorso: “Gli inevitabili contrasti che animano la dialettica democratica non devono farci dimenticare che i momenti di unità sono decisivi nella vita di una nazione. E che talvolta sono anche doverosi. E’ un grande merito saperli riconoscere. Un Paese che non sa trovare occasioni di unità, diventa più debole“.
Prendere sul serio questa prospettiva costringe ad un cambiamento radicale e muove a ricercare tutti quegli elementi che possano condurre tutta la società italiana verso un bene più grande della propria contingente visione, cominciando dalle domande fondamentali che non possono non appassionarci, quelle relative al nostro io, al nostro noi, al nostro essere un Paese “con faglie antiche e nuove divisioni“ ma anche con tanto bene da conservare, insomma al nostro avere un destino. Anche su questi temi le riflessioni sentite ieri a Rimini possono essere di aiuto.