I doni non ci mancano

Quanti incontri, quante possibilità al Meeting di Rimini. La realtà è come un giacimento, ma occorre essere tanto desti da poter accogliere sempre i suoi doni. ROBERTO FONTOLAN

Zohr è una parola araba che significa mezzogiorno. Zohr è il nome di uno dei più grandi giacimenti di gas del mondo, scoperto nel Mediterraneo: acque territoriali di Egitto, Cipro, Israele. Paesi che se lo vogliono sfruttare devono parlarsi, devono collaborare. Il racconto di Claudio Descalzi, il capo dell’Eni, penetra nel Grande Disordine del mondo per portare alla luce una evidenza nuova. Si dice sempre che le guerre nascono per controllare le risorse. E quante guerre vediamo, quanto sangue ci scorre a fianco. Ma con Zohr è come se la Terra stessa dicesse: ehi, guardate qui questo nuovo dono, vi consegno un’altra opportunità. Vi serve? Parlatene, io vi dò la possibilità di farlo. Sta a voi. In quella stessa geografia che ci riserva tanti dolori spunta un segnale nuovo, la mappa si popola di indicazioni diverse. Un imprevisto, come un regalo non dovuto.
Se guardiamo, se osserviamo, se viviamo intensamente, possiamo finalmente penetrare il caos e scorgere i regali disseminati in ogni dove, i doni che racchiudono continuamente promesse nuove. Qui al Meeting arriva la dolce signora Kisanak, sindaco di Diyabarkir, capitale della regione della Turchia a maggioranza curda. Ci capiamo su quel che significa avere quel tipo di responsabilità in quel tipo di nazione. E arriva il padre francescano Firas Lutfi, uscito da Aleppo, dall’Aleppo di questi giorni, incontra Staffan De Mistura, l’inviato dell’Onu per la Siria. Ci capiamo anche su questo.
Ieri poi si è parlato di Croazia. Che si rivela una opportunità, come il giacimento Zohr. Cioè: mentre l’Europa sembra prigioniera di un assordante ma inconcludente dibattito su rifugiati, accoglienza, immigrati e rapporto con l’Islam, spunta fuori che in un Paese totalmente europeo e anzi a forte identità cattolica, non esistono problemi di relazione tra lo Stato e i musulmani. Un sistema di rispetto assoluto e di assoluta distinzione che cammina con le gambe di uomini che mirano al bene di tutti. I doni ci sono, ma occorrono persone che li vogliano ricevere. In questo modo anche i grandi dolori hanno una opportunità di riscatto: il Gran Mufti di Croazia ha avuto la famiglia sterminata a Srebrenica (ci capiamo sulla guerra balcanica degli anni Novanta) e oggi viaggia per il mondo musulmano a chiedere di difendere i cristiani.
Tante occasioni per riprendere i fili spezzati, farsi largo nel tumulto dei tempi difficili. E ripartire. Joseph Weiler dice ai giovani europei: siete in un mondo che vi garantisce la libertà di scelte, diritti e scambi, ora tocca a voi decidere cosa volete farne di queste libertà. La libertà è un mezzo, uno strumento con il quale costruire, creare, progredire. Quei giovani che Moavero Milanesi vede incarnare la “persona europea”, più e meglio delle generazioni precedenti. E Julián Carrón domanda (da una intervista al Corriere della Sera): “Se è stato possibile ricostruire dopo la Seconda Guerra Mondiale, perché non dovrebbe essere possibile anche oggi?”. A ben vedere i doni non ci mancano.



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