L’aborto non sarà più un diritto in Spagna. Il Governo di Mariano Rajoy, che non si è certo distinto per una forte volontà di cambiare la situazione dopo la “febbre” dei nuovi diritti di Zapatero, ha fatto un importante passo in avanti sulla questione della vita. Il nome del progetto con cui intende regolare l’interruzione della gravidanza è già significativo: “Legge per la protezione della vita del concepito e dei diritti della donna incinta”. Presuppone infatti un cambiamento profondo rispetto alla legislazione socialista, che, abusando della giurisprudenza costituzionale, si era posta all’avanguardia di coloro che ritengono l’aborto una facoltà propria del diritto alla salute riproduttiva e sessuale.
Questa linea è quella che da anni promuove il Fondo della Nazioni Unite per la popolazione e che è riuscita a vincere molte battaglie, anche se non tutte. Senza andare troppo lontano, qualche giorno fa il Parlamento europeo ha respinto una mozione presentata dall’eurodeputata portoghese Edite Estrela, che chiedeva che l’Ue garantisse “servizi di aborto legali, sicuri e accessibili”. Non ha avuto successo nemmeno a giugno, durante il Consiglio di sicurezza dell’Onu, il progetto di risoluzione 2106, che chiedeva di riconoscere il diritto all’interruzione di gravidanza per le donne vittime di violenza sessuale durante un conflitto bellico.
La Spagna abbandona un modello basato sui termini temporali, proprio dei paesi che erano dietro la cortina di ferro, e torna a una formula fondata sulle fattispecie. In due sole situazioni l’aborto è consentito: se c’è stata violenza o se c’è pericolo per la salute della madre. In quest’ultimo caso sono fissate una serie di garanzie per evitare che diventi un “colabrodo” com’è stato negli anni ’80 e ’90. Una cosa interessante poi è che si cerca di non penalizzare le donne, dato che la responsabilità giuridica è dei medici. È molto significativo anche il fatto che sia scomparsa la possibilità di abortire in caso di malformazioni del feto, che esisteva dal 1985. Si lancia quindi un messaggio chiaro: i disabili devono essere protetti non solo dopo, ma anche prima della nascita.
Perche il Governo del Pp, un partito perfettamente secolarizzato, si compromette con un tema che può essere utilizzato contro la sua immagine di destra moderna e laica? La risposta a questa domanda forse è la cosa più interessante della vicenda. Molti dei deputati popolari non hanno voluto opporsi alla legge di Zapatero e solamente il sostegno di Rajoy ha fatto sì che la legge vedesse la luce. Senza la spinta del ministro della Giustizia, Alberto Ruiz Gallardón, cattolico che per decenni ha rappresentato l’ala più progressista del partito, il cambiamento non sarebbe stato possibile. Egli ha voluto fare profonda politica su un tema che gli sembrava essenziale ed è riuscito a convincere il Presidente del Governo.
Gallardón è stato appoggiato in maniera discreta da alcune organizzazioni sociali che hanno avuto il coraggio di non chiedere l’impossibile. Queste organizzazioni, tra cui si distingue il Forum della famiglia, hanno fatto segnare un cambiamento nel mondo pro-life. Se fino a poco tempo fa i difensori della vita insistevano nel ricordare il valore oggettivo del non nato in un modo abbastanza astratto, ricorrendo a campagne fondamentalmente emotive e postulando la disobbedienza civile, ora c’è un nuovo approccio. Una sensibilità molto più concreta, che gli ha permesso di porsi in modo chiaro a fianco delle donne e di dialogare con i politici senza massimalismi. Ed è così che si è venuta a creare la situazione paradossale per cui il discorso dei pro-abortisti è risultato vecchio, mentre quello dei difensori della vita ha avuto la precedenza.
I primi usano ancora argomenti degli anni ’70: il diritto a scegliere forma parte dell’emancipazione femminile. I secondi hanno mostrato, coi fatti, che le donne subiscono forti restrizioni del loro diritto alla maternità e sono riusciti a mettersi in contatto con la gente che aveva difficoltà. Perciò questo nuovo movimento pro-life si è trasformato in un esempio di come favorire un cambiamento sociale. Lavoro sul campo, attenzione alle necessità concrete, creazione di opere che aiutano le donne reali e non quelle disegnate dall’ideologia. E allo stesso tempo un lavoro culturale e politico. Il tutto con tanta pazienza.