Cara F., ho ricevuto la tua lettera. Ne riporto alcuni passi per chi ci legge. “Ieri sera sono andata in crisi” — scrivi — per aver letto “una testimonianza da Mosul”. Si tratta della vicenda di una famiglia: “il papà cieco, la mamma e cinque figli. Non guardavano la tv, per cui sono arrivati tardi a conoscenza di quello che stava accadendo attorno a loro. Sono partiti per scappar via dal loro paese ma per farlo dovevano pagare una tassa all’Isis, e non avevano soldi. Hanno dovuto dare la loro figlia più piccola, tre anni e mezzo, ai soldati. Se ne sono andati via e hanno dovuto lasciare la loro bimba più piccola ai soldati… Ecco, leggendo questo (e anche adesso, scrivendo queste righe) provo dentro un dolore enorme… io non riesco ad accettare e capire il senso di queste cose che stanno accadendo. Perché tutto questo? Perché tutta questa violenza? Perché tutta questa violenza fisica in Iraq? Perché tutta questa violenza culturale e psicologica qui da noi? Ho rabbia, io non credo più in Dio. Io in questo mondo non metto più figli”.
Cara F., sei stata molto succinta. Arrivi subito a una domanda centrale. Questa tua rabbia nasce da dove nasce praticamente ogni rabbia umana: dalla paura. Come tutti gli uomini, hai paura. Hai paura per te, e sei terrorizzata dalla paura che porteresti per un tuo bambino in questo mondo di dolore, menzogna, distruzione e morte. Reagisci e rifiuti. “Perché?” gridi.
Una volta sono andato in un prigione degli States a visitare un uomo che sapevo essere stato condannato ingiustamente. Un tentativo di suicidio l’aveva lasciato paralizzato. Doveva morire ingiustamente e vedere sua moglie privata di ogni legame e sostegno, vivere sulla strada senza documenti e lingua locale. Accusava Dio.
Ci siamo detti molte cose. Io gli ho detto che Cristo avrebbe potuto distruggere il male e i malvagi, ma non lo ha fatto. Perché? Lo scandalo, per i suoi discepoli, era che proprio Lui, che molte volte si era dimostrato in grado di comandare tutti i poteri, anche la morte, non aveva reagito al male che gli era piombato addosso. Perché? Si era lasciato prendere, accusare, abusare, condannare, torturare, massacrare, inchiodare e lasciato a morire coperto di ferite sanguinanti. Perché? Aveva lasciato “vincere” il male sulla terra. Perché?
Ci sono molte cose da dire, ma di una cosa sono sicuro; se con il suo potere distruggesse il male, prima o poi dovrebbe distruggere anche me, perché il male lo penso io, il male lo dico io, il male lo faccio io, e le occasioni infinite di bene che ho ignorato parlano anche contro di me.
In questo stesso momento sto fissando dal finestrino del treno su cui sto viaggiando l’arcobaleno più bello, più forte, brillante e pieno di colori che abbia mai visto in vita mia. È un segno di Dio, che una volta distrusse la vita su tutta la terra, eccetto Noè e i suoi cari con gli animali nell’arca, per ripulire la terra del male. Ma — dice la Scrittura — si era pentito. Mai più!
Dio non vuole più distruggere il male. Vuole salvare l’uomo. Non vuole più distruggere me, ma salvarmi, salvare te, salvare i tuoi bimbi non ancora nati. Perciò ci fa compagnia nel suo Figlio per rendere la nostra strada di dolore e morte l’occasione di un “sacrificio perenne a Dio gradito”. Cioè una lieta offerta di sé.
Chiudi gli occhi. Immagina il tuo bimbo. Immettilo in questa grande avventura in cui lui, accompagnato, si offra lietamente con Cristo per la salvezza del mondo. Seguilo, accompagnalo tu in questa avventura!
E adesso, ti chiedo: di cosa hai paura? Perché la tua rabbia? Di che cosa hai paura tu? Di soffrire, di morire, di essere abbandonata, di non essere toccata, abbracciata, amata? Di che cosa hai paura? Cammina con me, con il Signore! Vedrai che, come dice San Paolo, in tutte queste cose siamo già vincitori, in Cristo, nostro Salvatore.