La fine dell’anno è come sempre caratterizzata da bilanci, ricordi, classifiche che sembrano essere una sottile auto celebrazione tesa a idealizzare il palcoscenico mediatico, come se esistesse – o fosse esistito – soltanto ciò che abbiamo visto, ascoltato e letto attraverso i mezzi di comunicazione. In realtà quest’anno c’è stato molto di più: c’è stata la vita, la vita di ognuno di noi. Anche quest’anno, infatti, abbiamo pianto, riso, intuito, taciuto e – anche quest’anno – Dio ha usato del tempo per parlarci e indicarci una strada. Per questo la domanda che mi interessa di più, alla fine dell’anno, non è tanto “che cosa è accaduto”, quanto “che cosa ho imparato io dentro tutto quello che è accaduto”.
Personalmente porto nel cuore alcune cose che hanno concretamente contribuito a farmi crescere e cambiare. Penso anzitutto a Benedetto XVI e a Francesco. Guardando loro io ho capito che niente è mio, che la mia libertà o è vissuta per amare oppure è destinata a costruire cose che passano, intrise di gloria ma povere di verità e di bene autentico per chi mi circonda. Mi si è reso evidente che uno fa tutto, perfino il Papa, solo per amore di qualcosa di grande che ha scoperto nella propria vita, qualcosa di vivo e di presente ora. Mai come quest’anno infatti è stato chiaro che la politica c’entra poco o nulla con la Chiesa: abbiamo avuto la Grazia di vedere uomini che hanno fatto, detto e proposto cose “folli” per il mondo, cose spiegabili semplicemente dall’affezione disarmante che può legare qualunque cuore al cuore di Cristo. E tutti quelli che sembravano attaccati ad altro sono invece miseramente spariti. In questo senso abbiamo davvero scoperto che tutti possiamo essere liberi come Benedetto e Francesco, che a nessuno è preclusa la strada della verità e dell’amore, qualunque situazione si viva o qualunque ruolo si abbia: l’amore è realmente sempre a portata di mano. Quell’amore di cui mi rendo conto che la politica di oggi ha tremendamente bisogno.
In effetti i grandi avvenimenti internazionali, penso alla Siria o all’Egitto, e i fatti di casa nostra, come il “caso Berlusconi” o i grillini, la crisi sociale o la rielezione di Napolitano, ci hanno mostrato che sappiamo ancora poco amare la nostra terra, il suo popolo e che preferiamo sempre logiche conflittuali, disfattiste e deresponsabilizzanti rispetto a un impegno silenzioso e costante per il Bene di tutti, un Bene che – in definitiva – proprio perché è di tutti è sempre anche il mio. Senza amore siamo soltanto degli animali in cerca di equilibrio, incapaci di riconciliarci e di crescere, diventando soggetti politici, economici o culturali. Davvero di tattica e di strategia si muore. A Roma come sul pianerottolo di casa mia, nel mio lavoro come nella crisi centroafricana. Solo il coraggio di amare e di perdonare costruisce sul serio.
E qui vengo allora all’ultima cosa che porto con me di quest’anno: la capacità di lasciare spazio, di fare silenzio, dentro la realtà. Me l’hanno insegnata i numerosi lutti, come quello di Andreotti, di Franca Rame o di Mandela, e gli eventi di cronaca, dalle tragedie al gossip, dalle storie di tutti i giorni ai disastri della natura; da queste cose ho imparato di più a rispettare la vita dell’Altro che mi sta accanto e che io mai potrò possedere o conoscere davvero. Sento che è per questo cammino dentro la realtà che posso rendere grazie anche per tutte le piccole e grandi vicende personali che ho dovuto affrontare e che mi hanno restituito alla vita più vero e più semplice, più disponibile e curioso. Del resto è per questa nuova maturità, sebbene iniziale, che ho iniziato a scrivere sul Sussidiario.net e che adesso guardo al nuovo anno pieno di commozione.
Perché se il mio passato è stato così pieno di Cristo da dominare letteralmente il presente – l’istante in cui adesso sto scrivendo -, come può essere il mio futuro se non ancora più afferrato da Lui e dalla Sua Presenza? Non vedo l’ora che scocchi la Mezzanotte! Al di là del confine di quest’anno sono certo che mi aspetta una nuova avventura. Quella grande e straordinaria della mia vita. Una vita che non chiede altro di poter urlare, ancora una volta, “Tu”. “Tu – infatti – Signore sai tutto, lo sai che Io Ti amo”. Che Dio mi renda così umile da sapermelo ripetere ogni giorno. Buon anno direttore, buon anno cari amici!