La scorsa settimana è stata di passione per il governo di Mariano Rajoy. Dopo aver presentato il piano di aggiustamento dei conti pubblici al Congresso, i mercati hanno continuato a mostrare segnali di sfiducia. Gli investitori hanno mantenuto molto alto lo spread. La pressione è stata tale da portare il ministro dell’Economia, Luis de Guindos, a interrompere le sue brevi vacanze per annunciare che i prossimi tagli riguarderanno l’istruzione e la sanità.
Nicolas Sarkozy ha utilizzato la Spagna, sebbene facesse riferimento a quella di Zapatero, nella sua campagna elettorale parlandone come esempio del disastro da evitare. La scorsa settimana Angela Merkel ha appoggiato le decisioni di Rajoy, ma certamente la Spagna è nel mirino degli investitori stranieri, di Bruxelles e logicamente anche della Germania.
Dopo 110 giorni dal suo insediamento il nuovo Governo ha perduto la fiducia estera. Perché? I problemi ereditati – che sono nati negli ultimi anni di Aznar e che sono esplosi nell’epoca di Zapatero – non si risolvono in poco tempo. Le grandi perdite immobiliari, che colpiscono fondamentalmente le casse di risparmio e le banche, non sono state ripianate. Il governo ha obbligato le società finanziare ad attrezzarsi per affrontare le perdite dovute all’aggiustamento del prezzo delle case che possiedono da quando sono arrivate nelle loro mani a causa del crac immobiliare. Il prezzo di queste case deve scendere del 50% circa, ma ancora non ci sarebbe il risanamento dei conti. E anche il risanamento delle casse di risparmio resta in sospeso.
Ma questi problemi, così come quello della mancanza di un sistema energetico o di un modello educativo efficiente, o ancora dello sproporzionato livello del debito pubblico, non sono nuovi. C’erano già quando è arrivato il Governo. Dobbiamo quindi concludere che quel che non è piaciuto ai mercati è il piano di aggiustamento dei conti pubblici. Il taglio è stato di oltre 27 miliardi di euro. Cosa vogliono ancora? Sicuramente vogliono un aumento dell’Iva, una riduzione delle pensioni e dei salari dei dipendenti pubblici. Un sacrificio visibile, evidente. Si tratta di applicare uno schema senza tener conto delle necessità reali.
Per questo ora è il momento della grande politica. Il Governo di Rajoy ha commesso probabilmente alcuni errori. Forse sarebbe stato meglio approvare il bilancio prima e non rinviarlo. Ma ora si tratta di difendere la possibilità che un Paese, che è tra le prime dieci economie del mondo, non si sottometta a soluzioni imposte dai mercati o dalla Merkel, che presuppongono un suicidio. Basta pensare all’Iva. Per ridurre il deficit al 5,3% del Pil, ci vorranno 27 miliardi di tagli. Sicuramente ci sarà da aumentare l’Iva, ma se questo aumento avviene prima che i consumi comincino a crescere, la recessione si potrebbe prolungare. Né la Merkel, né Bruxelles possono imporre soluzioni che sarebbero controproducenti. L’Europa serve se aiuta, come sta facendo la Banca centrale europea, ad affrontare i mercati.
Questo esercizio di sovranità pratica richiede di superare, dentro la Spagna, i vecchi schemi ideologici. Il patto sociale, il patto tra i partiti, il patto per risollevare il Paese è più urgente che mai. Così come è urgente recuperare il senso di responsabilità, la consapevolezza che è necessario rispondere a una sfida complicata utilizzando le migliori energie tra ciò che già si vede muoversi positivamente nella società.