Il crollo delle certezze

Negli ultimi anni, spiega FERNANDO DE HARO, continuiamo ad assistere a una perdita della sovranità degli Stati e all'inadeguatezza delle istituzioni. Le certezze scarseggiano

Si riparte. Ed è inevitabile fare un bilancio, cercando di capire quel che ci è successo. È un esercizio che si ripete nei mesi di settembre e gennaio, quando iniziano l’anno scolastico e quello civile. Non c’è dubbio che l’anno scolastico 2015/2016 sia stato quello del jihadismo europeo, ma insieme al terrore c’è un altro avvenimento che ha segnato il periodo che ci lasciamo alle spalle, con una profondità simbolica maggiore del nichilismo violento per capire l’epoca che viviamo: la ricerca empirica realizzata dall’Osservatorio interferometro laser delle onde gravitazionali (Ligo), che ha raccolto le prove sull’esistenza delle onde gravitazionali descritte in forma teorica da Einstein cento anni fa. 

Abbiamo “sentito” il suono delle onde provocate da una collisione di due buchi neri immensi che si sono fusi 1.400 anni fa. La fisica newtoniana è stata definitivamente sepolta. Non c’è più spazio per la speculazione: la gravità è una curvatura dello spazio e del tempo, non ci sono parametri fissi.

La fisica di Newton incarna, in modo inconscio, la costruzione di certezze su cui noi moderni ci basiamo. Nel licenziarla diciamo addio anche a un certo modo di concepire la sovranità degli Stati e l’economia. La fisica di Newton ci ha “liberato” da una spiritualità acritica. Ci ha fornito una meccanica “pulita”: i corpi si muovevano secondo alcune leggi stabili facilmente comprensibili e senza interferenze spirituali. La natura, “liberata” della trascendenza, ci ha permesso di vivere in un mondo di regole semplici, che rendevano facile l’esistenza.

La fisica di Newton fino a poco tempo fa aveva una traduzione organica nel mondo dell’economia. Così come i corpi materiali seguivano leggi prevedibili e asettiche, gli operatori del mercato si muovevano in un’armonia quasi perfetta, facendo sì che ognuno, nel perseguire i propri interessi, garantisse l’interesse collettivo. Abbiamo creduto, con alcune sfumature, all’efficacia della “avidità dei fornai”. I fornai avevano il legittimo desiderio di fare soldi e ciò ha reso possibile il fatto che ogni mattina sul nostro tavolo ci fosse un buon pane per la colazione, pagato il giusto prezzo. Nemmeno la crisi del ’29 del secolo scorso ci ha fatto perdere questa sicurezza di base. 

È stato necessario, questo sì, fare degli aggiustamenti, dotare lo Stato di maggiori capacità di regolamentazione e compensazione al fine di garantire il benessere. In effetti, alla crisi degli anni ’70 e ’80 si è risposto con un eccesso di deregolamentazione e in molti casi con una difesa della sussidiarietà piena di liberismo ingenuo. Otto anni dopo lo scoppio della bolla creata dall’esaltazione del mercato siamo ancora disorientati. Abbiamo cercato di applicare la soluzione che è stata efficace nel 1929, ma ci siamo resi conto che non c’è nessuno a cui chiedere un “New Deal”. Forse possiamo chiedere alle banche centrali di applicare una politica monetaria espansiva, ma ci siamo resi conto che lo Stato come lo intendevamo prima non esiste più.

Quel che mantiene fermi al suolo noi moderni, insieme alla fisica di Newton e a tutte le sue conseguenze, è il fatto che il mercato è un concetto di sovranità ben definito, statico e sufficiente. Dalla pace di Vestfalia (1648), ogni Stato è stato titolare di una sovranità che l’ha definito rispetto agli altri Stati. La formula del cuius regio, euis religio si è trasformata in un’identità nazionale secolarizzata. Il sovrano ha smesso di essere il re e, grazie a Rousseau e ai puritani fondatori della “città sulla collina”, è diventato un popolo che con la sua volontà decideva di stare unito. Per la nuova religione della democrazia c’era un nuovo sovrano con gli stessi attributi riconosciuti a Dio: soprattutto la capacità di scegliere tra diverse opzioni e di trasformare in azione ciò che si era scelto.

Abbiamo perduto anche questo: lo Stato sovrano creato dal patto della nostra volontà ha perso la capacità di decisione che lo definiva. Scendiamo in piazza, ci indigniamo, pensiamo che è un’ideologia conservatrice a impedire alle istituzioni di spendere di più e di fare di più per recuperare il benessere perduto o che è un’ideologia buonista ha frenare l’arrivo degli immigrati.

È inutile però arrabbiarsi perché le leggi della fisica non torneranno a essere le solite. Allo sportello dei reclami ci sono funzionari diligenti che ci ascoltano, ma dietro di loro non c’è quello Stato sovrano che noi europei abbiamo creato dopo la Guerra dei 30 anni. Al suo posto ci sono istituzioni spesso impotenti, sottomesse a forze sovranazionali. Anche gli spazi di sovranità si curvano, si diluiscono.

Vestfalia non c’è più e la repubblica dei fornai ci ha lasciato in rovina ed esausti. L’Universo si curva ed è inutile cercare di erigere muri. Nel 1685 Luigi XIV promulgò l’Editto di Fontainebleau con l’illusione di riportare in atto alcuni effetti della pace di Vestfalia. Per alcuni decenni il Grande Secolo francese sembrava dover dominare la storia. Fino a quando non è scoppiata la Rivoluzione francese. Non c’è editto che possa riportarci la fisica di Newton. C’è un mondo intero da costruire.

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