Dinamica di sguardi

Cosa significa guardare l'altro negli occhi? E' la dinamica dello sguardo e dell'incontro vero, come ha detto il papa al Banco Alimentare. Il commento di PIGI COLOGNESI 

Papa Francesco ha concluso il suo discorso all’udienza concessa, lo scorso 3 ottobre, ai collaboratori del Banco Alimentare dicendo: «Condividendo la necessità del pane quotidiano, voi incontrate ogni giorno centinaia di persone. Non dimenticate che sono persone, non numeri, ciascuno con il suo fardello di dolore che a volte sembra impossibile da portare. Tenendo sempre presente questo, saprete guardarli in faccia, guardarli negli occhi, stringere loro la mano, scorgere in essi la carne di Cristo e aiutarli anche a riconquistare la loro dignità e a rimettersi in piedi. Vi incoraggio ad essere per i poveri dei fratelli e degli amici; a far sentire loro che sono importanti agli occhi di Dio. Le difficoltà che sicuramente incontrate non vi scoraggino; piuttosto vi inducano a sostenervi sempre più gli uni agli altri, gareggiando nella carità operosa». È descritta in questa frase una interessantissima dinamica che riguarda gli sguardi.

Prima di tutto, nei rapporti interpersonali occorre «guardare negli occhi» perché altrimenti non si arriva veramente all’altro, al suo essere «persona». Non è cosa banale. Basta pensare al fastidio che proviamo quando chi sta con noi non ci guarda negli occhi: sospettiamo immediatamente che abbia qualcosa da nascondere, che non sia leale con noi o, peggio, sia lì per farci del male; reciprocamente sappiamo bene quando siamo noi a guardare (meglio: non guardare) così. E basta pensare, invece, a quando improvvisamente ci capita di spostare uno sguardo disattento e ficcarlo in quello altrui: ci sembra di vederlo solo allora. 

Mi è capitato qualche sera fa proprio con un mendicante. Devo ammettere che d’istinto non sono molto generoso; quella sera lì invece avevo allungato qualche soldo, ma anche alzato lo sguardo. Il vecchio mendicante stava scoppiando a piangere. Mi sono fermato e l’ho guardato negli occhi; piangeva – mi ha detto – perché si vergognava a mendicare e non ce la faceva più, pensava addirittura di farla finita. Abbiamo parlato un po’ e solo allora ho capito di averlo visto.

Francesco va ancora più a fondo e dice che guardando negli occhi si scorge nell’altro «la carne di Cristo». Se non vogliamo restare al livello di un pio modo di dire, bisogna interrogarsi sul significato di questo vedere; che evidentemente non è allucinazione di un visionario. Il 3 ottobre io ero praticamente in prima fila e ho potuto osservare molto da vicino come il papa ha salutato i malati che erano proprio davanti a me: non era un gesto di pietosa commiserazione, si capiva che era lui che ci stava guadagnando. Beh, ho pensato, se uno sta abbracciando la carne di Cristo il più contento deve essere proprio lui; lo facesse con la faccia di chi sopporta di compiere un faticoso dovere, avrei il sospetto che mi stia raccontando frottole.

A fine frase entra in campo un altro sguardo, quello di Dio. È riconoscendo di essere importanti ai Suoi occhi che il povero (ma anche chi lo aiuta, anche il ricco, anche chi amo ardentemente o chi incontro casualmente) sente una fratellanza che lo rimette in piedi. Sono così importante agli occhi di Dio da essere unico, come unico sei tu che incroci per un attimo il mio sguardo trovando occhi miracolosamente non distratti.

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