La richiesta di un riscatto, annunciata mercoledì da un’agenzia di stampa francese, da parte dei sequestratori di “un’italiana e una spagnola” è una notizia incoraggiante, se non altro perché arriva dopo mesi di silenzio e di voci infondate. L’italiana in questione è quasi certamente Rossella Urru, rapita insieme alla spagnola Ainhoa Fernandez Rincon alla fine del mese di ottobre dello scorso anno in un campo profughi di Hassi Raduni, dove vivono moltissimi rifugiati del Saharawi.
I familiari delle due cooperanti possono continuare a sperare in una soluzione positiva di una vicenda della quale in pochi hanno parlato in questi mesi. Una storia che si sta consumando in una zona dell’Africa dimenticata dalla Comunità internazionale, e per questo teatro costante di episodi di violenza e di barbarie incontrastata. Nel 1975 il Marocco ha annesso nei suoi confini il Sahara Occidentale, ex colonia spagnola. Da quel momento questo territorio è al centro di una contesa tra il governo marocchino e un movimento d’indipendenza sostenuto dall’Algeria.
Risalgono a circa un anno e mezzo fa le famose rivolte pacifiche di Gdeim Izik, che hanno visto in prima linea soprattutto giovani abitanti del Saharawi. In quell’occasione sono stati arrestati molti leader giovanili, ma il movimento è più che mai attivo. Dall’occupazione del ‘75 in poi, c’è sempre stata una continuità nelle rivendicazioni del popolo saharawi, ora queste rivendicazioni sono nelle mani di questi ragazzi.
Il governo marocchino è il primo responsabile delle condizioni di vita estreme di questa popolazione, che sempre di più cresce nel numero di profughi e rifugiati. Il Regno del Marocco per decenni non ha consentito il libero accesso e la libertà di circolazione nel Sahara occidentale alla stampa, agli osservatori indipendenti e alle organizzazioni umanitarie. Numerosi giornalisti europei sono stati vittime negli ultimi tempi di attacchi e vessazioni da parte della polizia marocchina. Ci sono notizie molto negative anche per quanto riguarda il trattamento degli attivisti detenuti nelle carceri marocchine, lontanissimo dall’essere conforme alle norme internazionali.
La vicenda della cooperante italiana Rossella Urru dimostra come il territorio sia reso pericoloso anche da gruppi criminali provenienti da paesi vicini, come il Mali. Facile anche comprendere come le infiltrazioni di gruppi terroristici internazionali come Al Qaeda siano all’ordine del giorno, purtroppo anche all’interno del movimento indipendentista.
Da diversi anni il Parlamento europeo cerca di sollecitare le Nazioni Unite e le organizzazioni regionali africane a prendere in mano la situazione. Servono aiuti finanziari e umanitari in favore degli oltre 100 mila rifugiati che hanno bisogno urgentemente di acqua, cibo e cure mediche. La storia e il buonsenso ci insegnano che davanti a uno scenario del genere la conseguenza più immediata, ma anche la più tragica, è una guerra civile. Un conflitto nel Sahara occidentale porterebbe gravissime conseguenze e implicazioni nella regione del Mediterraneo, già a dir poco scossa dagli eventi della primavera araba.
È urgente che tutti quanti sosteniamo gli sforzi del Segretario generale delle Nazioni Unite e del suo inviato personale al fine di trovare una soluzione politica giusta, duratura e accettabile da entrambe le parti, che consenta l’autodeterminazione della popolazione del Sahara occidentale.