Una politica per il presente

I prossimi tre anni che ci separano dalle elezioni politiche saranno decisivi per le riforme. Per farle non servono stravolgimenti, ma gesti semplici

Piace pensare un dopo elezioni senza superuomini, né riforme epocali, né svolte storiche. Perché nei prossimi fatidici tre anni abbiamo tanto bisogno di politici normali e provvedimenti semplici, immediati, quelli dettati dal buon senso e dall’esperienza umana, che sono i fattori determinanti il bene comune.

 

Tutti proclamano il bene comune come motivazione e scopo dell’agire, ci mancherebbe, ma poi lo riducono a buone intenzioni, e tutto finisce lì, a lastricare la strada per l’inferno.

Il bene comune, quando lo cerchi davvero, ti porta a graduare, a concretizzare, a sacrificare. Implica tutte le dinamiche dei rapporti personali, perché è la persona che mette al centro e non il disegno (secondo il troppo poco conosciuto discorso di don Giussani alla Dc lombarda riunita ad Assago), è la persona che esalta e non la norma.

Mentre si sa che le rivoluzioni, incluse quelle liberali, non possono permettersi il lusso di perdere tempo con la persona, hanno il futuro da far arrivare di corsa qui, a sostituire un presente che devono sempre dipingere come meschino e grigio.

E invece tanti italiani, non sappiamo dire se maggioranza o minoranza, amano il loro presente, lo vivono appassionatamente, riescono persino a costruirci famiglia e lavoro, a dargli un senso senza aspettare il domani dorato garantito da Eroi e Condottieri.

Amare non significa di per sé “piacere”: si può amare il presente pur vedendone i problemi e drammi, pur nella fatica di un lavoro perduto o di un’ingiustizia subita. A questa dimensione vale la tenacia dei piccoli passi, solo questa produce cambiamento. È quel che tanti politici e intellettuali, abbacinati dal potere e dal proprio pensiero, non capiscono.

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Per loro il presente è il regno dell’impotenza e della schiavitù mentre è nel futuro che finalmente avremo risolto tutto. Giustizia, Fisco, Lavoro, Istruzione, Burocrazia? Ci dispiace, oggi no, non possiamo fare nulla, ripassate domani quando ci sarà la Grande Palingenesi…

 

Politici normali e cioè desiderosi di ascoltare più che di parlare, di ragionare più che di apparire, di riconoscere più che di farsi riconoscere; decisioni di bene comune e cioè ispirate da uno sguardo ampio, inclusivo, “cattolico”. Due argini per far scorrere una buona politica, una politica attaccata al presente.

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