Politica, quando la gente capisce

A dieci giorni dalle elezioni regionali si può affermare, a mente fredda, che la tornata elettorale ha mostrato aspetti diametralmente opposti della vita politica e può aprire a scenari altrettanto diversi nel prossimo futuro. L'analisi di GIORGIO VITTADINI. VOTA IL SONDAGGIO

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A dieci giorni dalle elezioni regionali si può affermare, a mente fredda, che la tornata elettorale ha mostrato aspetti diametralmente opposti della vita politica e può aprire a scenari altrettanto diversi nel prossimo futuro. Nulla è scontato perché nulla è meccanico: anche nella politica la libertà degli uomini può cambiare in ogni momento le prospettive future.

L’astensione, mai così grande nel nostro Paese, più che della vicenda delle liste, la cui rilevanza è stata gonfiata ad arte da politici e mass media interessati a creare confusione, è stata l’esito del nulla sotto vuoto della politica urlata nei talk show televisivi, delle azioni di certi ministri che tanto annunciano di fare, quanto – anche per incompetenza – poco fanno; dell’opposizione completamente ricattata dal mondo giustizialista.

La gente preferisce pensare al suo difficile menage quotidiano, convinta che il narcisismo urlato e autoreferenziale dei politici non può aiutarla: se “circenses” devono essere, meglio il campionato di calcio.

All’opposto, in queste elezioni, si è visto anche che la gente si accorge quando la politica, non solo si è occupata dei problemi delle persone, delle famiglie, delle aggregazioni sociali, ma ha anche cercato di rendere tali soggetti protagonisti, secondo il principio di sussidiarietà.

Per questo, in Lombardia, Formigoni è stato rieletto per la quarta volta, con una larga maggioranza. Snobbando tante ciance mediatiche, la gente capisce e assicura il consenso quando la sanità è stata pensata per curare tutti, al meglio e con budget in pareggio; quando l’istruzione è voluta libera e di qualità; quando l’istruzione professionale è fatta per recuperare chi non ce la fa a scuola e senza finanziare enti clientelari; quando si fanno infrastrutture che permettono di viaggiare da Bergamo a Milano in 15’ invece che in 2 ore; quando, grazie ai voucher, si può tenere un anziano o un disabile in casa o in buoni istituti invece che essere obbligati ad affidarli a realtà fatiscenti; quando si difende nei fatti il territorio e la natura (vedi Parco Sud di Milano) contro gli speculatori edilizi.

Per ragioni analoghe si continuano a votare anche persone come il presidente Errani, si premia il Primo ministro per il suo operato in Campania contro i rifiuti e a L’Aquila per i terremotati, si dà un forte consenso a un partito come la Lega perché, al di là della validità delle soluzioni proposte, non ignora o demonizza a priori problemi come la iniqua suddivisione territoriale tra tasse e spesa pubblica, il ritardo di un federalismo che favorisce sprechi di amministrazioni locali e centrali con le mani bucate, la difficile integrazione fra persone di etnia diversa che porta inevitabilmente a problemi di sicurezza, lavoro, casa soprattutto per la povera gente.

Non per niente chi fa una politica legata ai problemi reali della gente, ha fatto una campagna elettorale “diversa” sul campo, nei mercati, nei caseggiati, in mille incontri piccoli e grandi in cui ascoltare, proporre, dialogare, informare, farsi carico delle esigenze della gente. Al servizio di una vita che li precede e che va oltre.

E adesso? Tutto dipende dall’intelligenza e dalla responsabilità dei protagonisti nel leggere i segni dati da queste elezioni. Formigoni può continuare a sfornare riforme e buongoverno (anche sfruttando il federalismo e il federalismo fiscale, da lui innanzitutto  propugnati), in quell’anomalia virtuosa, la Lombardia, locomotiva al servizio del bene comune di tutto il Paese, anziché iscriversi alla lotta per una successione, incerta e stucchevole.

I governatori leghisti possono collaborare con lui per costruire dal basso legislazioni regionali organiche e sussidiarie su welfare, istruzione, imprenditoria, ambiente, per liberare da burocrazia e statalismo gli abitanti delle loro regioni, evitando tentazioni separatiste o inutilmente provocatorie. Gli altri governatori del centrodestra possono prendere spunto dalle politiche lombarde, per ciò che riguarda i criteri di sussidiarietà e solidarietà da applicare alle loro Regioni, invece di perpetuare il clientelismo riscontrato in un recente passato in certe Regioni centro-meridionali. I governatori del centrosinistra possono sfidare il centrodestra sul piano dei risultati delle politiche sociali ed economiche, isolando i guitti moralisti e statalisti.

 

 

Entrambi gli schieramenti possono, anche a livello di politiche nazionali, seguire l’indicazione del presidente Napolitano che, dopo il provvedimento sulle liste, dà un’altra lezione di democrazia  suggerendo un patto sulle riforme tra le diverse parti politiche (un esempio virtuoso già in atto è quello dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà).

Se si vuole che la gente recuperi la stima verso la classe politica e se si vuole evitare che alla prossima tornata elettorale gli astenuti superino i votanti, occorre che la politica sia vissuta con gratuità, nel confronto e nella valorizzazione del contributo di realtà sociali, movimenti, “opere” economiche e sociali che lavorano per il bene comune. Occorre, in una parola, che la politica possa finalmente diventare una “forma esigente di carità”, secondo la definizione di Paolo VI.

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