Il riscatto gratuito della laurea può andare oltre il burocratese – o l’inevitabile fuoco di fila delle proposte elettorali – nell’offrire ai giovani italiani un’opportunità di riscatto a tutto tondo (umano, generazionale, professionale e occupazionale) nello sforzo complessivo di turnaround del Sistema-Paese?
Il primo interesse dell’ipotesi sta certamente nella sua selettività, nella sua accezione più positiva: simile e per certi versi collegata a quella che ha ispirato “Industria 4.0”. Se la leva selettiva della strategia di digitalizzazione dell’Azienda-Italia sta nel puntare sulla tradizione industriale italiana nelle tecnologie produttive, quella del possibile riscatto-laurea guarda convintamente all’advanced education come volano strategico non solo per l’economia, ma più in generale per la società italiana.
Prospettare la validità gratuita del periodo di studi universitario (o comunque di “istruzione avanzata”) vuol dire incentivare in modo lineare e trasparente i giovani a studiare; a studiare molto, di più, bene. A rispettare le scadenze, a meritare voti alti. A non essere più la generazione nazionale con meno laureati nella Ue (26% nella fascia 30-34 anni secondo gli ultimi dati Eurostat), ma a mostrarsi competitivi con la Lituania (la Silicon Valley baltica, con il 58% di laureati) o almeno con la media Ue (39,1%).
Il vorticoso new normal dell’economia globale dopo la Grande Crisi sta riscrivendo le categorie dell’analisi economica. La crescita del Pil, per esempio, non è più necessariamente associata a quella occupazionale, così come uno sviluppo vigoroso può essere stimolato da classi di “lavoratori” molto particolari: ad esempio ricercatori nomadi fra atenei e centri privati in giro per il mondo,; oppure scienziati-imprenditori supportati da un private equity sempre più robusto. E’ chiaro che si tratta di un’ecpnomia sempre più human capital intensive, e che è questa la risorsa strategica di cui individui e sistemi-Paese devono aumentare stock e flussi.
Tornando al qui e ora dell’Italia e dei suoi giovani, l’ultimo rapporto Almalaurea smentisce una volta di più che il diploma universitario sia ridotto a “un pezzo di carta”: il 68% degli italiani che consegue una laurea triennale trova lavoro entro un anno e la percentuale sale al 71% nel caso di titolo magistrale. Forse il problema dei Neet – ormai una generazione perduta di oltre 2 milioni di italiani fra i 15 e i 24 anni, vero buco nero nella galassia della disoccupazione giovanile – sta nella seconda e: è l’esclusione dai circuiti dell’education (prima ancora che da quelli del training) ad essere responsabile della drammatica impotenza d’ingresso nel mercato dell’employement. Forse non è così azzardato pensare di sradicare la disoccupazione giovanile partendo dalla pensione.