Henri de Lubac e Hans Urs von Balthasar sono stati i due interpreti inquietanti e profondi della necessità di reincarnare il cristianesimo nella società tutta, sconvolta dalle tragedie degli anni trenta, dalla terribile guerra civile spagnola e dalla devastante seconda guerra mondiale.
Il cattolicesimo francese che ha avuto interpreti straordinari a questo proposito in Bernanos e Maritain segna un contributo indispensabile nella ricerca di una nuova antropologia filosofica della persona che vada oltre l’orizzonte di disperazione e rifondi in una nuova cristologia la presenza cattolica nel mondo.
E’ in questo segno che nella costellazione dei Principi della Chiesa ambrosiani va collocata la venuta di Angelo Scola a Milano. Le pagine della rivista «Communio» e poi dell’altra rivista «Oasis», che non a caso il Patriarca veneziano fonda nella città che è stata crocevia tra Oriente e Occidente, confermano questa tesi. Teologo di grandissima esperienza e profondità, il nuovo Cardinale giunge a Milano dopo l’alternarsi di un servizio a Dio e al popolo ambrosiano svolto da un finissimo intellettuale gesuita sempre assorto in una dimensione escatologica che rende lontana la realtà e un altrettanto colto intellettuale ambrosiano che ha ridato alla pastoralità attiva e operante il significato profondo che il popolo di Dio si attendeva.
Una città difficile, Milano, dove si incrociano diverse esperienze del cattolicesimo moderno e contemporaneo, dove si confrontano mondi della cattolicità che devono sapersi disciogliere in una finalmente ritrovata missione comune, dinanzi a una presenza della spiritualità assai più vivida di quanto non appaia a prima vista ma che deve tuttavia concentrarsi sul significato missionario che assume la presenza del cattolico nella Milano e nella Lombardia di oggi.
Sarebbe ingiusto e sbagliato interpretare come riduttivo della personalità del nuovo Cardinale il riferimento all’esperienza vivida e feconda di Don Luigi Giussani. Proprio quell’esperienza indica che la libertà non può non essere la cifra della cattolicità dei nostri tempi e che il nuovo umanesimo cristiano che dobbiamo costruire non può non misurarsi nella frequentata compresenza di molteplici sensibilità e di polifoniche testimonianze nel servizio al bene comune.
Per questo la venuta di Angelo Scola a Milano sarà un’occasione unica per riscaldare i cuori di tutti, illuminare le menti di tutti, tacitare coloro che mal sopportano l’Altro, e comprendere che solo nell’Altro e con l’Altro si può costruire la teodicea che da sempre attendiamo: quella della libera scelta cristiana fondata sulla ragione tollerante e comprendente il senso ultimo del mistero della fede. Milano lo merita.