Quanto vale una legge?

Fa discutere negli Stati Uniti la legge dell’Arizona sull’immigrazione illegale che recentemente è stata al vaglio della Corte Suprema. Il commento di LORENZO ALBACETE

Nel momento in cui leggerete questo articolo, la notizia che dominerà la stampa negli Usa sarà senza dubbio la decisione della Corte Suprema sulla costituzionalità della riforma sanitaria del Presidente Obama. Oggi, tuttavia, l’oggetto della discussione è la decisione della Corte relativa alla politica sull’immigrazione dello stato dell’Arizona.

Lunedì scorso, la Corte Suprema ha rigettato parti fondamentali della legge dell’Arizona sull’immigrazione illegale, pur lasciando in vita la controversa disposizione che consente ai funzionari, durante le operazioni di polizia, di controllare la situazione delle persone sotto il profilo dell’immigrazione. La decisione è stata presa con cinque giudici a favore e tre contrari e non mancherà di sollevare polemiche in un anno di elezioni presidenziali. Il punto centrale della sentenza è che le politiche e le leggi sull’immigrazione sono di competenza federale.

“Il governo centrale ha il potere di regolare l’immigrazione”, ha scritto il giudice Anthony Kennedy nella relazione di maggioranza. “L’Arizona può avere comprensibili difficoltà di fronte ai problemi posti dall’immigrazione illegale che continua, ma lo Stato non può perseguire politiche che vanno contro le leggi federali”. Nonostante questa posizione, la Corte ha lasciato alla polizia la possibilità, durante l’applicazione di altre disposizioni di legge, di controllare la regolarità della posizione delle persone, quando vi sia “il ragionevole sospetto” di essere in presenza di un immigrato irregolare.

“C’è un’incertezza di base su cosa realmente si intenda nella legge e sulle modalità di applicazione”, scrive Kennedy, ribadendo che le autorità dell’Arizona devono rispettare le leggi federali nel condurre i controlli sulla condizione degli immigrati, se non vogliono rischiare altri conflitti costituzionali. Gli oppositori della legge dicono che la richiesta di mostrare i documenti porterà a discriminazioni razziali. “So che non useranno questi metodi con gente che si chiama Roberts, Romney o Brewer, ma se vi chiamate Gutierrez, Chung od Obama, state attenti”, ha detto il parlamentare Democratico Luis Gutierrez dell’Illinois, membro del Congressional Hispanic Caucus. “L’obiettivo dichiarato degli autori della legge SB1070 dell’Arizona è di rendere la vita difficile agli immigrati così da farli andar via e la Corte ha mantenuto uno dei principali strumenti a tale scopo”.

Anche il Presidente Barack Obama ha espresso le sue preoccupazioni a tal proposito, soprattutto sotto il profilo di possibili discriminazioni a sfondo razziale. “Nessun americano dovrebbe essere sospettato solo per il suo aspetto”, ha detto Obama. “Dobbiamo essere sicuri che i funzionari dell’Arizona non applichino questa legge in modo tale da danneggiare i diritti civili degli americani, come anche stabilito dalla Corte”.

La Governatrice Repubblicana dell’Arizona, Jan Brewer, ha dichiarato che la decisione della Corte è una vittoria per il suo Stato e che ora il “cuore” della legge può essere applicato “in accordo con la Costituzione”, aggiungendo che “nell’applicazione della legge si dovrà rispondere di eventuali violazioni dei diritti civili di un individuo”.

Il parlamentare Repubblicano del Texas Lamar Smith, presidente della Commissione Giustizia della Camera, ha affermato che la sentenza di lunedì “pone di fatto fine al controllo dell’immigrazione, perché lo Stato non può più intervenire per riempire i buchi lasciati dall’Amministrazione Obama”.
Come osservano Tom Cohen e Bill Mears della Cnn, “il tema molto caldo dell’immigrazione è diventato il maggiore fronte di attacco nella campagna elettorale, con i Repubblicani, guidati dal loro candidato alla presidenza Mitt Romney, che accusano Obama di non avere una strategia globale per affrontare il problema dell’immigrazione illegale”. Romney si è mostrato provocatorio nei confronti della sentenza, affermando: “Credo che ogni Stato abbia il dovere, e il diritto, di rendere sicuri i nostri confini e di far rispettare la legge, soprattutto quando il governo federale viene meno alle sue responsabilità”.

La legge dell’Arizona è stata emanata nell’aprile del 2010, sollevando discussioni subito dopo la sua firma da parte della Governatrice Brewer. La American Civil Liberties Union mise in guardia dall’andare in Arizona e decine di gruppi cancellarono meeting o convention. Il governo federale si oppose a quattro disposizioni della legge, che non furono mai applicate in pendenza di giudizio. La legge autorizzava la polizia all’arresto senza mandato degli immigrati illegali, qualora vi fosse “una probabilità” che avessero compiuto reati per cui potevano essere espulsi dal Paese. Rendeva poi un reato statale per un “immigrato irregolare” non portare con sé documenti di identificazione e proibiva a chi non aveva permesso di lavoro negli Stati Uniti di chiedere lavoro o di lavorare.

“Questa sentenza impedisce in modo adeguato allo Stato dell’Arizona di criminalizzare chi è illegalmente nello Stato e conferma l’esclusivo potere del governo federale di regolamentare in materia di immigrazione”, ha dichiarato il Procuratore generale Eric Holder. Nella relazione di minoranza, il giudice Antonin Scalia ha sostenuto che la sentenza della Corte viola la sovranità dello stato dell’Arizona. “Se difendere la sicurezza del proprio territorio in questo modo non è nei poteri dell’Arizona, dovremmo cessare di considerarla uno Stato sovrano”, ha scritto Scalia, sostenuto dai giudici Samuel Alito e Clarence Thomas.

Due alti funzionari dell’Amministrazione hanno detto lunedì scorso che il Dipartimento per la Sicurezza Interna si aspetta un aumento di richieste della polizia dell’Arizona sull’accertamento dello stato dei sospetti, dichiarando però che il dipartimento si muoverà solo nei casi più gravi. Ancora Cohen e Mears osservano che “ciò riflette la politica del Dipartimento di stabilire priorità nell’utilizzo delle risorse a disposizione… fatto che è stato citato come la base anche della recente decisione di fermare le espulsioni di giovani immigrati venuti in America da bambini, con fedina pulita e studenti o che hanno prestato servizio militare”. Nella sua relazione, Scalia ha scritto: “Dire, come ha detto la Corte, che l’Arizona contraddice la legge federale applicando l’Immigration Act che il Presidente invece si rifiuta di applicare, lascia sbalorditi”.

Diversi altri stati hanno seguito l’esempio dell’Arizona, approvando leggi per contrastare l’immigrazione illegale. Leggi di questo tipo sono ora sotto appello presso le Corti di Alabama, Georgia, Utah, Indiana e Carolina del Sud, mentre l’Arizona è stata la prima ad arrivare alla Corte Suprema. Dan Kowalski, direttore del Bender’s Immigration Bulletin e avvocato specializzato in immigrazione, ha affermato che la sentenza di lunedì significa per gli stati ”tornare al punto di partenza, ripensare il loro approccio alla questione e decidere quanto tempo e denaro vogliono mettere in questo tipo di regolamenti”. “Devono essere preparati a spendere un sacco di soldi in legali, per cercare di ideare qualcosa che possa passare l’esame della Corte Suprema”, aggiungendo che gli stati “devono anche mettere in conto altro denaro per le inevitabili cause, perché qualunque cosa verrà proposta a livello statale verrà impugnata. Tutto ciò costerà parecchio e dovranno decidere se ne vale la pena”.

L’Arizona è il maggior canale per l’immigrazione illegale e il contrabbando. Più di dieci milioni di immigrati irregolari, dal Messico e da altri Paesi, vivono attualmente negli Stati Uniti. I vescovi cattolici sono considerati “dalla parte” degli immigrati e credo che questa discussione sia per loro un’opportunità di legare il punto di vista della Chiesa sull’immigrazione a quelli sulla famiglia e la libertà religiosa.

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