Non siamo ancora usciti da una crisi economica mondiale in cui le previsioni di economisti, esperti di fondi di investimento, operatori finanziari, politici sono state sbugiardate dalla realtà. Leggendo certe dichiarazioni di politici ed editorialisti sembra che quanto successo non sia servito a niente. A livello nazionale ed europeo si continua a voler dare l’idea che lo sviluppo dipenda solo dalla programmazione economica e politica, da qualche decina di euro in busta paga in più, da qualche taglio su tasse marginali, da qualche legge promulgata o meno. Non che non siano importanti le condizioni di contorno, ma l’andamento dell’economia non dipende solo da questo.
Ci sono fatti che lo mostrano in modo inequivocabile. Uno di questi è la ventesima edizione dell’Artigiano in fiera in corso in questi giorni nei padiglioni della Fiera di Milano.
Una ricerca condotta dalla Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con Gefi su un campione di espositori italiani (120 imprese artigianali, l’8% di quelle presenti in fiera), già presentata in questa sede, mostra alcune evidenze sul settore. La prima è che in un momento di difficoltà si va in controtendenza: la maggior parte delle imprese, per lo più di tipo familiare, il cui fatturato medio si aggira sul milione di euro, dichiara che, nonostante la crisi economica si sia fatta sentire, negli ultimi dieci anni ha visto aumentare il fatturato e prevede un ulteriore aumento nei prossimi due anni. Perché?
Il dinamismo dell’imprenditore artigiano, così come la sua capacità di seguire le evoluzioni del settore, sembra essere determinante: ci si è aperti al mercato estero, si è cominciato a vendere online, si è ampliata la gamma delle proposte e allo stesso tempo si è puntato su prodotti unici e originali, migliorati nella qualità e nei materiali. E non è stato necessario ridurre il personale, anzi lo si è aumentato.
Questo cambiamento è dovuto all’assunzione dei criteri darwiniani e calvinisti sull’impresa che caratterizzano ancora la narrazione dell’economia in certe università à la page? Non sembra proprio. I criteri che muovono gli imprenditori sono piuttosto una sensibilità alla tradizione e alla creatività personale, valori che si coniugano con la passione per la bellezza, l’innovazione, il rapporto con la natura, con l’ambiente e con il territorio e, ancora, la ricerca continua di competenza e professionalità. Strumenti sentiti non in contrapposizione, ma da integrare in modo da permettere una giusta redditività. Il profitto non è la motivazione unica della loro attività, ma piuttosto l’indicatore di come va l’attività stessa.
La ricerca rileva anche il legame che gli artigiani hanno con luoghi educativi come la scuola, l’università, gli ambiti culturali e religiosi. Del resto molti imprenditori sembrano averne esperienza personale, perché l’età media (46 anni), il radicamento in famiglia e la forte presenza di giovani diplomati, laureati o provenienti da percorsi di formazione professionale (il 65% degli artigiani ha un diploma di scuola secondaria, il 16% è laureato; il 44% ha un diploma professionale) danno la misura di ciò che è alla radice della loro professionalità. Un quadro che supera la stereotipata idea di artigianato un po’ pittoresco fatto da persone magari anche geniali ma un po’ sprovvedute.
Quello dell’artigianato è un mondo che, pur chiedendo alla politica di migliorare le condizioni di contorno ed essendo sensibile a interventi legislativi intelligenti, non nasce certo da iniziative statali o da riforme di alcun tipo. Il nostro Paese è ancora particolarmente ricco di creatività che nasce dal basso, in modo spesso imprevedibile, e questo va sostenuto aiutando le imprese a esistere, non può essere generato dall’alto.
Bisogna continuare a studiare questo tipo di imprese senza tentare di farle star dentro a schemi di pensiero. Se economisti e politici lo faranno ne avremo un giovamento collettivo. La gente si è accorta da un pezzo che nel mondo dell’artigianato accade qualcosa, una capacità concreta di cambiamento e infatti ogni anno di più affolla la fiera in questi giorni, come in una grande festa.