I (veri) cristiani non si annoiano

In occasione dell'udienza di ieri Papa Francesco ha fatto questa sottolineatura: "Il cristiano non è fatto per la noia; semmai per la pazienza". L'editoriale di GIUSEPPE FRANGI

In occasione dell’udienza di ieri (molto bella, dedicata alla speranza come attesa vigilante) Papa Francesco ha fatto questa sottolineatura: “Il cristiano non è fatto per la noia; semmai per la pazienza”. L’intuizione è creativa e insieme molto profonda. Quanti di noi se dovessimo indicare l’opposto della noia avremmo indicato la pazienza? Piuttosto ci sarebbero venuti in mente l’entusiasmo, la passione, l’interesse, il piacere, l’euforia: del resto anche il dizionario dei sinonimi e dei contrari va in questa direzione alla voce “noia”. 

Perché Francesco allora cambia i termini quasi che, prima ancora della pazienza, avesse una chiara percezione della noia? Perché lui sa che questo oggi non è solo uno stato d’animo o un sentimento alla fine un po’ elitario che abbiamo conosciuto in tanti grandi testi della letteratura. Oggi è una condizione pervasiva. La noia è un po’ nell’aria che si respira, frutto di quel poter avere tutto che alla fine lascia insoddisfatti e non dà niente. È un sentimento sociale che ad esempio produce quel fenomeno patologico e fuori controllo che è l’azzardo di stato (slot machine e compagnia). 

Bergoglio sa che la noia nella nostra epoca si poggia su delle ragioni oggettive, e che ha nei giovani le sue prede più facili e preferite. Sa che anche l’esercito degli “autoccupati”, tutte quelle persone che si proclamano entusiaste dell’esperienza che stanno facendo, sono in fondo un’altra maschera della noia, che non a caso è pronta a farne prede alla prima delusione o con lo scemare dell’esaltazione. Del resto l’esperienza dei monaci insegna che non occorre darsi da fare per scansare la noia, basta molto meno… E la pazienza è il nome di quel “molto meno”.

Ci sono frangenti della storia in cui la noia ha fondati motivi per imporsi come sentimento dominante. E quello che viviamo è realisticamente uno di quei momenti. I giovani sono coloro che ne hanno una percezione più chiara, nonostante ci sia uno stuolo di pensatori aggiustatutto che vorrebbero convincerli che le cose possono sistemarsi con poco. Motivatori da strapazzo…

In realtà la noia è un substrato serio, da cui non ci si libera a forza di iniziativa propria ma in forza di un ribaltamento dello sguardo. La noia può essere vinta anche senza necessariamente dover “fare”. C’è stato un momento nella vita di uno dei più grandi creatori del 900, Le Corbusier, in cui egli si trovò nelle condizioni di non poter più progettare né lavorare. Probabilmente aveva visto davanti a sé lo spettro della noia. Invece con molta naturalezza decise di prendere dei taccuini e di iniziare a mettere su carta le sue idee che non avrebbe potuto realizzare. Chiamò quei quaderni Carnets de la recherche patiente, taccuini della ricerca paziente. 

In quei Carnets si scorge qualcosa che oggi ritroviamo nelle parole del Papa. Una sorta di fiducia calma nel destino. Disegni e idee messi sulla carta, senza pretese e come liberati dall’ansia dell’esito. Oggi quei Carnets sono testimonianza di un uomo libero la cui ambizione era quella di “un’opera architettonica magistrale, fatta di rigore, di grandezza, di nobile, di sorriso e di eleganza”.

Le Corbusier avrebbe certamente condiviso il “sentiment” che il Papa ha fatto trapelare nelle sue parole: “Nulla avviene invano, e nessuna situazione in cui un cristiano si trova immerso è completamente refrattaria all’amore”. Questo vince la noia: il vedere la vita attraverso lo sguardo amorevole degli uomini pazienti.

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