Come amare il dolore?

E' possibile amare la realtà tutta intera anche quando si presenta sotto forma di dolore e sofferenza? VINCENT NAGLE spiega che non solo è possibile, ma è la strada da seguire

Recentemente ho fatto una scoperta che ha mi ha reso più chiara la dinamica della mia liberazione. Mi è accaduto grazie una lettera ricevuta da un amico. Mentre gli rispondevo mi sono scoperto a usare una frase che avevo usato in un altro contesto molto diverso. Scorgere il legame fra questi contesti ha gettato luce su come Dio in questi anni mi stia portando a vivere la mia umanità in un modo molto più libero di prima.

Il mio amico mi ha scritto: “È possibile stare davanti al Mistero solo se si ama la realtà, tutta la realtà perché originata da Lui. Allora ti chiedo: e quando la realtà assume le sembianze di una persona fortemente antipatica – a torto o a ragione, non importa – oppure ha i tratti di una persona che ti ha fatto del male? Da anni non mi lasciano le parole di Gesù ‘Se amate chi vi ama che merito ne avrete?”‘ e ‘Ama il nemico’”.

Ho risposto così: “Caro amico, La tua domanda è bellissima e molto pertinente. Quando la realtà consiste di un volto ostile, malvolente, minaccioso, come amare la realtà? Come amare quel volto che è il punto di contatto più sentito con la realtà in quel momento?

Davanti a quello che ci fa male quel che esce più istintivamente da noi sono i gesti di difesa, una reazione, oppure ci accade di eliminare quella presenza negativa o almeno di metterci al riparo, sognando nel frattempo la vendetta. Così ci tocca reagire con altrettanta ostilità, per difenderci, e forse è proprio il caso che dobbiamo difenderci o difendere persone o cose care a noi. Ma non possiamo restare in una reazione. Per vivere da uomini ci vuole la possibilità di recuperare un’azione, un giudizio, una possibilità di essere protagonisti. Ma come?

Ci vuole un’attrazione, un desiderio più grande della nostra paura. Guardando al volto dell’altro che ci tratta così male, con così poco umanità, cosa desideriamo? Oltre a separarci da quello che ci spaventa, o anche prima di questo, cosa vogliamo? Cosa desideri tu? Non ti ricordi del tuo destino buono? Più di voler fare sparire quella minaccia, non vuoi piuttosto vivere per quel destino buono che hai scoperto in Cristo? E lui? L’altro, quello minaccioso? Non ha anche lui quel stesso destino buono? Ed è possibile desiderare questo destino per te senza desiderarlo per lui? Negarlo a lui non sarebbe negarlo per te, che fai anche tu male a volte? O almeno non compi il bene di cui sei capace?

Difenditi, se devi! Ma prega innanzitutto che quello che vuoi sia più grande di quello di cui hai paura. Così arriveresti ad essere determinato da quello che desideri per l’altro, piuttosto che da quello che vorresti da lui. Quel che desidereresti dall’altro è che smettesse di minacciarti. Quello che desideri per lui è che potesse conoscere ed amare il suo destino buono, perché è proprio quello che vuoi per te stesso”.

Ho sottolineato una frase perché mi ricordo di aver detto la stessa cosa parlando di una situazione del tutto dissimile alla domanda posta dal mio amico. Facendo testimonianza della mia conversione a Cristo davanti a giovani universitari, spesso le loro domande prendono spunto da quello che racconto dei miei rapporti affettivi, del cammino fatto davanti alle esigenze e desideri nei miei rapporti con le donne. Una giovane in Ungheria mi ha chiesto “Come si può guardare a una persona e non lasciarsi prendere dal desiderio sessuale?”. A questa domanda mi è venuto da rispondere che l’incontro con Cristo ha introdotto un nuovo fattore nel mio sguardo, una nuova dinamica nei miei rapporti. “Le promesse di Cristo mi hanno riempito con un desiderio più profondo, più vero e più determinante. L’apparire sull’orizzonte della mia vita di un destino buono ha reso possibile che io abbia innanzitutto a cuore questo nei miei incontri. Insomma, guardando ad una altra persona è diventato più forte quello che voglio per quell’altra persona di quello che voglia da quell’altra persona.  L’attrazione fisica rimane, ma un altra cosa è più determinante perché la cosa che voglio per quella persona è quello che voglio anche per me: il compiersi di quel destino buono”.

Sorprendermi a usare la stessa frase in questi due contesti così diversi mi ha aiutato a capire la dinamica che mi rende umanamente più vivo. È il destino promesso da Cristo presente che mi dà la possibilità di entrare in tutte le circostanze della vita con un cuore protagonista, non imprigionato nelle sue fortissime reazioni. Non si tratta di eliminare nessuno dei fattori in gioco. Se la vita e la verità sono minacciate, difendiamole, ma non lasciando indietro noi stessi, i nostri più veri desideri. E se un’attrazione non corrisponde pienamente alla dignità della mia vita col Signore, la questione non è di eliminare l’attrazione, ma di riportarla dentro l’orizzonte del destino.

Che questa Quaresima serva a rendere più chiaro questo orizzonte a tutti noi!

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