Obama ha dimostrato di essere il Presidente degli Stati Uniti più sexy di tutti i tempi, persino più di JFK, con il suo modo di salire le scale. Quando deve montare su un palco o su un aereo trotta un po’ per gli scalini, accompagnato da un lieve movimento del corpo che ricorda il passo di alcuni balli afroamericani. E così ha conquistato il pubblico.
“Ecco, c’è un uomo flessibile, affidabile, positivo”, pensavano i suoi elettori, soprattutto quando è stato eletto per la prima volta. Ecco un uomo che alla fine farà una “politica buona”, differente. Sette mesi fa, quando è stato rieletto, Obama già saliva con più difficoltà gli scalini.
E nelle ultime settimane ha cominciato a zoppicare. Il secondo mandato, che sempre è l’occasione per passare alla storia, si sta trasformando in un inferno. Lo scorso fine settimana il Presidente degli Stati Uniti aveva in agenda una delle riunioni più importanti della primavera: un incontro in California con il Presidente cinese, Xi Jimping.
Un autentico G2, che è il summit che realmente conta, dato che il G8 non serve più a niente e il G20 è troppo grande. I due imperatori del mondo faccia a faccia. Obama doveva lamentarsi del poco che fanno le autorità cinesi per evitare il cyberspionaggio che danneggia l’economia statunitense. E così ha fatto. Ma qualche ora prima aveva dovuto pronunciare il discorso che un politico sexy non vorrebbe mai fare, un discorso per giustificare il cyberspionaggio per ragioni di Stato.
The Guardian aveva raccontato che l’Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa) e l’Ufficio federale di investigazione (Fbi) raccolgono tutti i giorni i registri di chiamata di milioni di clienti degli operatori di telefonia grazie a un’ordinanza segreta. Ed è stato detto anche che vengono elaborati i dati dei server delle grandi compagnie di internet, tra cui Microsoft, Yahoo, Facebook, Skype e Apple. Il Presidente che sale le scale come nessun’altro ha detto che non venivano spiati cittadini statunitensi, che i Repubblicani sono a conoscenza dei fatti, ma alla fine ha pronunciato la frase maledetta: “Non si può avere il 100% di sicurezza e il 100% di privacy insieme”.
Un giudizio che ha poco a che vedere con la “buona politica” e che ha fatto risuonare il dramma eterno della politica: il dramma del male minore. Obama, forse perché proviene dal mondo dell’utopia, si è lanciato in scia alla ragion di Stato con meno freni rispetto ai suoi predecessori, educati al realismo politico.
La giustificazione alle intercettazioni è arrivata dopo che l’agenzia di stampa Associated Press aveva annunciato che l’Amministrazione aveva avuto accesso al registro delle chiamate di molti dei suoi giornalisti per cercare di scovare dei terroristi. Se questo fatto, che pare verosimile, verrà confermato, ci si troverà di fronte a un attacco diretto alla libertà di stampa, garantita dal Primo emendamento.
Si tratta di due scandali che si aggiungono alle notizie sul possibile utilizzo dell’Irs, l’Agenzia delle entrate, al fine di rendere la vita più difficile agli esponenti del Tea Party.
E alle probabili bugie sulle condizioni in cui è avvenuta la morte dell’Ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, in piena campagna elettorale: non sarebbe morto, come sostenuto dall’Amministrazione Obama, dopo una sommossa improvvisa, ma a seguito di un atto terroristico organizzato. Siamo di fronte a due fenomeni ben distinti.
Da una parte, la dirty politic, la politica sporca, quella di sempre. Dall’altra, e questo è più rilevante, assistiamo a una mutazione del gene liberal.
La “guerra contro il terrorismo”, espressione coniata dai neocon che consigliavano Bush, resta in piedi e sembra giustificare la limitazione di uno dei diritti considerato parte del DNA della democrazia statunitense.
La cosa strana è che la Costa Est e la Costa Ovest (Boston, New York, Los Angeles) non si sono ribellate come fecero quando Bush invase l’Iraq. Dov’è un Michael Moore disposto a fare un documentario contro la svolta antiliberale di Obama?
L’agenda di Obama, che restringe libertà classiche, cerca compensazioni su altri fronti. Forse per questo il Presidente spinge tanto per il matrimonio omosessuale.
Sta, di fatto, facendo pressione alla Corte Suprema perché non venga accolta la difesa del Marriage Act, che definisce, a livello federale, il matrimonio come l’unione di un uomo e una donna.
Non c’è niente di meno sexy di un giovane utopista che invecchia rapidamente.