Cerchiamo di scoprire insieme le ragioni per cui la domenica delle Palme è il giorno in cui moltissima gente va in chiesa per prendere il ramo d’ulivo e portarlo a casa come simbolo della pace. Tutto iniziò quel giorno quando una grande folla e tanti bambini andarono incontro a Gesù che entrava in Gerusalemme su un asinello e lo acclamarono: “Osanna al Figlio di David..”. Fu una grande festa a cui seguirono i giorni più tumultuosi della storia in cui il Figlio di Dio venne messo in croce.
Ecco la prima considerazione: un re che non è neanche padrone di un asinello, anch’esso chiesto in prestito. Entra in Gerusalemme un re povero tra i poveri. La folla che gli va incontro è fatta di gente comune che da tempo attendeva il Messia. Sembra l’immagine di Papa Francesco quando si immerge in mezzo alla gente. Erano poveri non solo materialmente, ma poveri nello spirito. La serva di Dio Giulia di Barolo era ricca, eppure si fece povera per i poveri, perché concepiva il possesso dei suoi beni come una responsabilità e un compito verso i più poveri e, come tutti i Santi, imitava Cristo che da ricco si è fatto povero per noi. Entriamo anche noi a Gerusalemme chiedendo il dono di una libertà interiore, non attaccata alle cose materiali. Inoltre questa domenica ci prepara alla GMG di Cracovia (luglio 2016), città del Papa polacco che è vissuto poveramente donandosi tutto a tutti.
Un re senza armi. Che cosa desideriamo maggiormente oggi se non un mondo dove finiscano queste guerre e questa persecuzione religiosa soprattutto verso i cristiani? Con quell’ingresso in Gerusalemme, Gesù portò a compimento la profezia di Zaccaria: “Farai sparire i carri da Efraim, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle genti” (Zac. 9,10). Gesù non entra su un carro blindato scortato dalle guardie del corpo. Il mite e disarmato Gesù vincerà con una sola arma che alla fine trionferà sulla violenza, sul male, sull’odio: la sua Croce. Le bandiere nere issate su alcuni campanili delle chiese, le croci abbattute non ci fanno dimenticare quello che è scritto sull’obelisco in piazza san Pietro: vicit leo de tribu Juda. Beati i poveri, beati gli operatori di pace! Con il perdono e con la riconciliazione entra nei nostri cuori la pace vera.
Il giorno delle palme è l’Annuncio della universalità della Chiesa. Il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume fino ai confini della terra. Nelle più umili capanne, nelle campagne, nelle grandi città, nelle splendide cattedrali si raccoglie un popolo universale che è quello della gente che va a messa magari una volta all’anno. Colui che è venuto è Colui che sempre deve venire e porterà la pace in questo mondo frantumato.
“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. Questa è la domenica dei giovani che nell’Anno della Misericordia camminano verso Cracovia. Ad essi Papa Francesco propone la prima predica di Gesù, quella sul desiderio della felicità: beati, felici. Sì, questa è la ricerca del cuore di tutti i giovani e di tutti i tempi. Dio ha posto nel cuore di ogni uomo un desiderio insopprimibile di felicità e di pienezza. La maschera, il sotterfugio, le relazioni inquinate tra uomo e donna che tentano di sopprimere questo desiderio di felicità hanno origine in quello che hanno fatto Adamo ed Eva quando hanno rotto la relazione fiduciosa in Dio. Da allora la relazione con se stessi, con gli altri, e con la natura, diventa drammatica; per questo subentra la tentazione di nascondere il proprio io; la bussola che guidava l’uomo alla ricerca della felicità perde il suo punto di riferimento e allora i richiami del potere, del possesso, la brama del piacere a tutti i costi ci portano nel baratro della tristezza e dell’angoscia. Dio ha risposto a questa solitudine dell’uomo mandando suo Figlio a salvarci.