La catastrofe dell’aereo della Germanwings schiantatosi per responsabilità del copilota ha suscitato una quantità di commenti e interpretazioni di ogni sorta. Mi soffermo sul filone di coloro che hanno evidenziato il problema della impossibilità di prevedere – e quindi impedire – comportamenti come quello del giovane tedesco che ha trascinato nel proprio suicidio decine di innocenti. Ha scritto, ad esempio, Piero Ostellino: «Ci sono tanti modi tecnici per controllare l’efficienza di un aereo. Ma non ce n’è uno che attenga alla natura umana per individuare l’imperscrutabile che passa per la mente di un uomo». E ha concluso: «Il fattore umano rimane comunque imponderabile. La coscienza individuale rimane un ambito segreto e misterioso».
Sembrerebbe che la soluzione sia quella di ridurre al minimo tale ambito. Una soluzione a portata di mano, secondo quanto scrive Federico Rampini analizzando i progressi dell’intelligenza artificiale: «Eliminare gli incidenti aerei, o le ecatombi dei weekend sulle autostrade, è ormai possibile», possiamo costruire macchine che si comportano senza possibilità di iniziative «imponderabili», macchine mosse da una «intelligenza» nella quale non passi mai niente di «imperscrutabile». C’è però un problema: «Fino a quando saremo noi a controllare le macchine, e quando cominceranno a riprodursi da sole, mettendoci in un angolo, per diminuire la nostra nocività?».
Lasciando pure da parte lo scenario fantascientifico – «Dite all’intelligenza artificiale di debellare ogni malattia contagiosa, e potrebbe eliminare il genere umano: missione compiuta» -, la questione è seria. In fondo ridurre al minimo o addirittura azzerare l’imponderabile del fenomeno umano significa eliminare quella grandiosa e drammatica nostra caratteristica che si chiama libertà. È l’eterno, sogno/incubo, stigmatizzato da Eliot, di coloro che voglio costruire «sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno di essere buono».
Quel che è strano è che raramente si pensa che la libertà con la quale possiamo scegliere di fare cose terribili è la stessa che ci permette azioni meravigliose. La diffusa aria nichilista ci fa ingigantire le ombre oscure dando per scontata la luce (che, tra l’altro, è proprio quella che ci permette di accorgerci delle ombre stesse). Torna in mente, in proposito, il gustoso episodio contenuto in Le avventure di un uomo vivo di Chesterton. Innocenzo Smith, il protagonista, è a colloquio col grande nichilista per cui tutto è negativo e l’unica salvezza per l’uomo sarebbe morire. Ma quando Innocenzo gli punta una pistola in fronte per realizzare quest’unica via di salvezza, il grande pessimista tenta di scappare impaurito. Innocenzo lo blocca e lo costringe a ringraziare di essere vivo, a sciogliere un inno per la gente, le case, i prati e persino per le anatre del laghetto e le orribili tende a pallini della casa di fronte.
Il dottor Eames, il nichilista, aveva detto: «Ecco come un dio onnisciente dovrebbe liberarci dai nostri dolori. Togliendoci di mezzo». Analogamente si potrebbe pensare che l’ideale per una vita felice sarebbe togliere di mezzo la nostra libertà. Gli strateghi dell’intelligenza artificiale magari ci stanno lavorando. Il Dio dei cristiani non ci ha pensato neanche per un istante.