Forse non ce ne siamo ancora accorti, ma oggi è un giorno strano, è il 29 febbraio 2016. E’ un anno bisestile. Non capitava da 4 anni che il più corto dei mesi cercasse spavaldamente di raggiungere la lunghezza dei suoi fratelli più grandi; non dico gli inarrivabili 31 giorni, ma almeno i più accessibili di 30.
Se, invece, ci abbiamo pensato, probabilmente abbiamo rubricato in fretta la notizia in base alle nostre sommarie conoscenze scientifiche: il girotondo della terra attorno al sole dura un tempo che non è esattamente divisibile per le 24 ore che formano un giorno; ci sono minuti in eccesso (o in difetto, non ricordiamo bene) che si accumulano e ogni tanto bisogna procedere ad un reset per non trovarci troppo impicciati coi calcoli. Così ogni quattro anni c’è un anno bisestile. Il problema lo conoscevano pure i romani e anche loro aggiungevano un giorno facendo per due volte — bis — il sexto giorno prima delle calende di marzo; da cui, appunto anno bisestile: un anno con un giorno in più, il nostro caro 29 febbraio.
A me è venuto in mente che questo anno bisestile un po’ imprevisto sia come un regalo del destino; quasi mi dicesse: «Toh, quest’anno ti allungo la vita di un giorno, ti offro l’opportunità di un tempo che nel regolare decorrere dei mesi e dei giorni non ci sarebbe». Lo so benissimo che se oggi fosse il primo marzo non cambierebbe nulla nelle cose che devo fare, né in quelle che capiteranno; so anche che questo anno bisestile 2016, l’imprevisto 29 febbraio non allontana né avvicina di un solo istante la data della mia morte. So bene tutto questo, eppure non riesco a togliermi la gradevole sensazione di aver ricevuto un regalo da questo anno bisestile, di poter godere di una opportunità che mi si presenterà ancora solo tra quattro anni.
Insomma, la misurazione del tempo è evidentemente una convenzione che l’umanità assume per non smarrirsi nel suo flusso indistinto e darsi punti di riferimento nel suo implacabile scorrere. Come dice il salmo 136, il sistema più semplice per fare questa misurazione è usare della regolarità delle due «grandi luci» che il Creatore ha posto a «governare il giorno e la notte»; infatti nella storia dell’umanità i calendari sono o lunari o, come il nostro, solari. Un nuovo sorgere della «luce maggiore» segnala che il giorno di ieri è passato e che una nuova processione di ore completamente disponibili si apre alla nostra iniziativa. È vero: normalmente il vissuto di ieri proietta preoccupazioni, affari, domande, lamentele, speranze e sofferenze sull’oggi, rischiando di soffocarne la novità, di negargli la possibilità di contenere una sorpresa. Così dopo il 2 febbraio viene un molto simile 3 febbraio e solitamente dopo il 28 febbraio viene il primo marzo, in cui l’unica novità sembra il fastidio (per chi ha ancora calendari cartacei) di girare la pagina.
E invece quest’anno che è bisestile no: dopo il 28 è arrivato un sorprendente 29 febbraio 2016. Questa smarginatura nei calcoli soliti è un invito ad essere meno banali nel computo del nostro tempo, ad essere più grati nell’accogliere quello che ci è dato e più responsabili nel riempirlo di azioni e pensieri di cui il giorno dopo (quando ci saremo rimessi in fila con un normalissimo primo marzo) non ci si debba pentire.