O bella ciao, bella ciao, bella ciao. E così, belli freschi di ponte antifascista fra sant’Ambrogio e l’Immacolata, eccoci pronti a fare bio-testamento. La brutta legge sarà discussa in Senato domani e dopo, giovedì si vota. Per Natale dovremmo avere un’Italia più democratica perché antifascista e più civile perché progressista, ricordandoci di ringraziare nell’urna Pd e compagnia.
Oh partigiano, il Pd in calo di consensi dovrebbe forse dire qualcosa di sinistra per tenere vicina la sinistra. In realtà non c’è più nulla che possa tenere insieme la sinistra, se non l’antifascismo come ideologia e il progressismo come prassi. Una foglia di fico sulla definitiva assunzione della cultura di massa individualistico-borghese.
Utilissimo rileggersi Del Noce e Pasolini. Oh partigiano, portami via, mezzo secolo fa entrambi da sponde lontane avevano visto giusto. Videro il processo di appropriazione indebita dell’umano (che il primo leggeva come secolarizzazione e il secondo come omologazione) da parte di un nuovo potere (nuovo fascismo) che preferiva mezzi seducenti e pervasivi (i consumi, la rivoluzione sessuale, l’individualismo, l’autodeterminazione, l’equiparazione desideri-diritti) e non sapeva che farsene di aratri, moschetti e olio di ricino. E allora perché il vecchio antifascismo?
L’antifascismo come ideologia, dopo il fallimento e la fine del fascismo, ha avuto solo in parte il compito di impedire la ricostituzione del partito fascista, mentre ha svolto precipuamente quello di stabilire una legittimazione delle forze e del potere politico che non provenisse né dalla tradizione cattolica né da quella comunista ma dal puro taglio netto con il fascismo, visto (tra l’altro erroneamente) come un corpo estraneo alla cultura della nazione e come male assoluto. E’ la linea azionista, che ha influenzato la cultura politica di tutti i partiti, specie Dc e Pci.
Lo sviluppo del capitalismo consumistico ha contribuito poi ad accelerare la laicizzazione dei grandi partiti di massa, cioè il loro estraniarsi nell’azione politica dal radicamento nelle esperienze popolari che definivano la loro identità e la missione, fino ad estraniarsi dalle esperienze popolari tout-court. La Dc, o partigiano/, che mi sento di morir, defunse e requiem sia. Il Pci non si disse più comunista, poi nemmeno di sinistra: solo democratico, senz’altro contenuto qualificante. Fu una scelta di Walter Veltroni il clintoniano (o bella ciao, o yes we can, yes we can can can). Forse a sua insaputa, o forse no, Walterclinton raccolse l’ultima l’eredità azionista infilando definitivamente il partito nel corto circuito principe della prima repubblica: antifascisti perciò democratici, democratici perché antifascisti. Mentre per gli altri — Lega, Forza Italia, 5 Stelle — l’antifascismo è anticaglia e l’ultimo dei pensieri, per la sinistra il fascismo deve esistere. Se non esiste il Nemico assoluto — almeno una sua minaccia, anche un suo ruttino — cade tutta la costruzione. Sicché, questa mattina, o bella ciao/ ho trovato l’invasor. Ecco la plateale sovraesposizione mediatica dei fattacci, deplorevoli per arroganza e sopruso, quanto patetici per insipienza, di Como (skinhead) e di Roma (Forza Nuova) ma buoni abbastanza per innescare l’idea della mobilitazione unitaria antifascista.
Ed ecco perché, contestualmente, hanno voluto in Senato puntare tutto sul progressismo del bio-testamento, buttando a mare lo ius soli tanto sbandierato prima perché di sinistra e tanto repentinamente mollato adesso perché fa perdere voti.
La materia del fine vita è delicatissima e avrebbe diritto al massimo di ponderazione e di ricerca di soluzioni equilibrate e il più possibile condivise. Invece fra due giorni rischiamo di avere un testo tirato via in fretta e furia pieno di ambiguità, specie su eutanasia e obiezione di coscienza, che non sono bruscolini. O bella, ciao: si risolverà in una prova di forza a colpi di maggioranza per conquistare un trofeo da mostrare agli elettori di sinistra.
Mentre sarebbe il caso di discutere ed emendare, cercando un avvicinamento tra le ragioni delle varie posizioni non oltranziste in campo. Sarebbe anche un buon esercizio in vista del dopo-elezioni, quando — così sembra — per dare un governo al paese occorrerà che le forze politiche ragionevoli cerchino e trovino intese serie. E possibilmente solide: cioè fondate sulla condivisione almeno di alcuni punti fondamentali per il bene comune, e non sulla spartizione di poltrone e strapuntini. Perché la politica dovrà pur decidersi a ricostituire una legittimazione fondata non su un’ideologia-muro anti-qualcosa, ma sul rapporto-dialogo con la vita reale del popolo e con le sue migliori risorse ed esperienze, che ci sono e come, ringraziando il cielo. Come ci sono tanti sindaci e amministratori locali che testimoniano passione concreta per la comunità e capacità di sacrificio. E per queste testimonianze vissute, non per le favolette del lupo raccontate a oltranza, o bella ciao, bella ciao/ le genti che passeranno/ gli diranno che bel fior.