Ieri 491.224 studenti (469.374 candidati interni e 21.850 esterni; 445.912 statali e 45.312 paritari) hanno ricevuto notizia dell’esistenza di Salvatore Quasimodo, siciliano, Nobel della letteratura; assente, dicono gli informati, da 12 anni in una prova di maturità. Tocca in sorte a lui (e alle sue ridenti gazze) scusarsi per essere stato preferito agli altri suoi colleghi: Montale troppo presente; Rebora troppo esagerato; Pasolini troppo non so cosa; Caproni troppo recente, Zanzotto troppo difficile, Loi troppo dialettale, Dante troppo troppo e via discorrendo.
Ma niente paura, non succederà nulla: semplicemente qualche migliaio di giovani oggi ha avuto modo di lavorare per qualche ora sull’autore la cui “evoluzione … riflette la storia della poesia contemporanea italiana, dall’Ermetismo ad un discorso poetico più ampio” prima che, già dal pomeriggio, il prescelto torni a godersi il silenzio degli ultimi lustri.
Nessun sussulto dalla scuola, nessuna parola preziosa per il nostro tempo, salvo quelle che i fortunati commissari troveranno correggendo gli scritti dei ragazzi. Ma quelle difficilmente le leggeremo sui giornali o sui muri delle città, a meno che qualcuno non si metta a gridarle dai tetti; preferibilmente tutto deve procedere senza scosse, come da programma.
Così si augurano un po’ tutti, dagli studenti (purtroppo), i quali, secondo il Corriere, trovano le tracce “interessanti e fresche”, alle soddisfatte autorità scolastiche: “Ottime scelte, non credo che gli studenti avranno difficoltà a svolgerle”, dice Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionale presidi. “Offrono una bella gamma di possibili riflessioni” è la straordinaria scoperta, tra il genio e l’ovvio, del ministro Giannini Stefania, classe 1960, che la maturità l’ha fatta tre volte, da studente, da mamma e da ministro, come dichiara in un tweet.
Perché pare che tutto debba cominciare in un tweet e in un tweet finire.
In linea con un analogo intento evoluzionista si colloca anche il primo saggio-articolo, quello sul dono: si va da Grazia Deledda e al suo familiare Natale anni 30 a Internet, passando per la mercificazione paventata da Adorno negli anni 50, la generosità consentita dal progresso della medicina attraverso i trapianti, per approdare alle considerazioni di Enzo Bianchi sul movimento asimmetrico del donare svolte al Festival della filosofia di Carpi nel 2012.
Non che non ci siano insidie, in questi argomenti. Anzi.
Le nuove responsabilità richiamate dai testi proposti nel saggio-articolo di ambito socio-economico ci riportano agli incubi ambientali (“In pratica ogni abitante della Terra è colpevole: il boscimano sudafricano, che incendia la savana per cacciare o per guadagnare terreno coltivabile, e il fazendero argentino, i cui manzi producono metano, il coltivatore di riso a Bali e il banchiere cinese, che fa i suoi affari in uno studio dotato di aria condizionata”), ai timori per il tasso di crescita della popolazione mondiale (in un paese, l’Italia, che inesorabilmente decresce, dentro un continente, l’Europa, che pure non cresce): “anche se le paure maltusiane di lungo periodo per la produzione alimentare sono infondate, o almeno premature” (proprio così, ndr), “ci sono però buone ragioni per preoccuparsi, in generale, per il tasso di crescita della popolazione mondiale“.
In un mondo in cui “nessuno deve essere più ‘apolide’” e “l’umanità” dovrà diventare “un luogo di coesistenza culturalmente feconda fra due generi irriducibilmente differenti” (altrimenti “una cultura vorrà imporre il suo colore ed i suoi valori all’altro, anche mediante la sua morale e la sua religione”) ci si arriva a chiedere se sia “necessario un intervento pubblico per agevolare il rallentamento” dell’espansione demografica stessa.
Come in Cina?
Questi temi d’esame mi hanno fatto tornare in mente una recente intervista a R. Brague, pubblicata su Avvenire, in cui lo studioso francese osservava che viviamo in un’epoca in cui “abbiamo bisogno di spiegare perché è un bene che ci siano degli uomini sulla terra”.
Che abbia ragione?
I brani proposti nell’ambito tecnico-scientifico dedicati alla Tecnologia pervasiva offrono molti spunti a riguardo: dal transumanismo (presentata, non senza preoccupazione, come la religione professata nella Silicon Valley, e definita come “un sistema coerente di fantasie razionali parascientifiche che fungono da risposta laica alle aspirazioni escatologiche delle religioni tradizionali”) alle preoccupazioni (di sapore luddista le definisce l’autore del brano) di Lord Martin Rees, docente di Astrofisica all’Università di Cambridge e astronomo della Regina, sui robot (“la loro intelligenza artificiale va limitata, non devono poter svolgere mestieri intellettuali complessi“), fino alle considerazioni, proposte recentemente sul Sole 24 ore, da Dianora Bardi, tra i fondatori e vice presidente del Centro Studi ImparaDigitale: “Per gli studenti si apre una grande opportunità: finalmente nessuno proibisce più di andare in internet, di comunicare tramite chat, di prendere appunti in quaderni digitali o leggere libri elettronici“.
“Null’altro, infatti, vuole la tecnica se non la propria crescita, un semplice ‘sì’ a se stessa. L’orizzonte si spoglia dei suoi confini. Inizio e fine non si congiungono più come nel ciclo del tempo, e neppure si dilatano come nel senso del tempo. Le mitologie perdono la loro forza persuasiva. Tecnica vuol dire, da subito, congedo dagli dèi” è la conclusione di Umberto Galimberti.
Violenza e non violenza (i due volti del Novecento) e le differenze tra l’Europa del 1914 e quella del 2014 sono gli argomenti storici proposti ai nostri giovani (vedremo da quanti sviluppati), in una prospettiva che richiama ancora le parole di Brague: “La questione dell’Essere e del Nulla è la questione metafisica per eccellenza. Ora, essa riguarda un aspetto concreto, poiché il problema ‘essere o non essere’ è divenuto collettivo e del tutto pratico. Oggi si dispone di tecniche per porre fine all’avventura umana, brutalmente tramite le armi atomiche, discretamente attraverso l’inquinamento del pianeta, e più semplicemente, pacificamente, con la contraccezione. L’estinzione dell’umanità è oramai una possibilità reale, vale a dire che le sue cause, anche se non agiscono ancora, esistono già”.
“Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie” ha scritto Renzo Piano in un articolo del Sole 24 ore del gennaio di quest’anno e proposto come argomento del tema di ordine generale.
È l’aria che si respira in questo esordio di maturità, che pare paradossalmente sospeso tra soddisfazione (per non aver proposto temi troppo difficili) e abisso.
Brague constata che “poche persone spiegano perché esattamente dovrebbero difendere l’uomo”. Ogni brandello di risposta che troveremo (perché lo troveremo!) nei temi dei nostri ragazzi sarà un lascito prezioso per tutti.