La formula “impossibile” del Meeting

Quello che ha originato il Meeting di Rimini, come mi disse Berkowitz, era un cristianesimo sconosciuto in America. Il racconto della provocazione culturale che parte da Rimini e arriva a New York

La prima volta che sentii descrivere il Meeting di Rimini fu da Suor Carol Keehan, all’epoca (attorno al 1994) presidente del Providence Hospital di Washington, DC. Avevo suggerito il suo nome agli organizzatori come esperta del non profit e, di conseguenza, Suor Carol era stata invitata a parlare al Meeting. Ciò accadde poco dopo che Monsignor Giussani mi aveva chiesto di aiutarlo nei suoi sforzi di “impiantare solidamente Comunione e Liberazione sul suolo americano”.

Al suo ritorno, Suor Carol mi disse di non aver mai veduto niente di simile negli Stati Uniti, chiedendosi se ci sarebbe mai potuto essere un “Meeting americano”. Aggiungendo comunque che noi avremmo dovuto tentare di rendere la cosa possibile in futuro. Non mi disse mai perché secondo lei sarebbe stato così difficile avere da noi qualcosa di simile al Meeting, limitandosi a dire che era difficile spiegare a parole la sua personale esperienza.

L’anno dopo andai io stesso per la prima volta al Meeting, traendone l’impressione che la difficoltà a trapiantare questa esperienza negli Stati Uniti stesse nel prezzo che il cattolicesimo americano ha dovuto pagare per essere accettato come compatibile con la cultura americana, specialmente con la sua visione di libertà religiosa. Per ottenere questa accettazione, la Chiesa cattolica ha appannato ciò che distingue il cattolicesimo dalle altre tradizioni religiose. Perché un “American Meeting” possa esistere, occorre prima educare i cattolici americani a capire la relazione tra fede, ragione ed esperienza che ha dato origine al Meeting di Rimini.

Il 25 Agosto del 2000 invitai due importanti rappresentanti del progressismo americano a partecipare ad un incontro del Meeting, intitolato “Incontro con il liberalismo americano.” I due erano Peter Beinart, allora direttore di The New Republic, la più autorevole rivista del pensiero progressista americano, e il docente universitario Peter Berkowitz, che stava lavorando ad un libro su cristianesimo e progressismo americano. Entrambi sono ebrei. Beinart accettò l’invito a descrivere questa esperienza in un articolo per Traces, in cui spiegava perché per lui era difficile immaginare un “ Meeting americano”.

Secondo Beinart, nel Meeting convivevano tre dimensioni che in America erano di fatto sperimentate come incompatibili. Il Meeting di Rimini era simile a un evento della “Coalizione cristiana”, il cui approccio alla fede e alla cultura era definito dal protestantesimo evangelico. Rimini era però anche una espressione intransigente della fede cristiana che, a differenza del protestantesimo evangelico, non era una fede in difesa, bensì aperta senza alcun apparente timore a tutte le esperienze autenticamente umane.

Come mi disse Berkowitz, questo era un cristianesimo non conosciuto in America. Ciò era talmente vero, aggiunse, che il Meeting a tratti sembrava simile agli eventi in America della Modern Language Association, organizzazione che nulla aveva a che fare con qualsiasi espressione di fede. Come il Meeting di Rimini, continuò, questa associazione è nota per il suo insistere sulla serietà intellettuale, tanto da rendere di difficile comprensione ciò che dicono nei loro incontri ai progressisti americani che non facciano parte dell’establishment accademico.

Infine, Beinart scrisse che il Meeting di Rimini gli ricordava l’Epcot Center al Disney World di Orlando, Florida, dove sono rappresentate testimonianze di tutti i Paesi del mondo e le invenzioni del futuro. L’analogia derivava dal fatto che anche Rimini era un “avvenimento di massa” non associato a nessuna delle fazioni della guerra culturale.

Il percorso verso un Rimini americano richiede un metodo che elimini l’incompatibilità di queste tre dimensioni: fede, rigore intellettuale e attenzione verso un futuro autenticamente umano. Se questo accadesse, disse, un “American Meeting” renderebbe l’America un “posto più ricco, più vitale e più rispettabile”.

Nove anni dopo questo è successo negli Stati Uniti, in particolare attraverso l’esperienza dei nostri centri culturali Crossroad. Quest’anno a Rimini un incontro sull’America potrebbe avere per titolo “Un incontro con il conservatorismo americano”: se i partecipanti facessero la stessa esperienza dei progressisti americani, il “metodo di Rimini” comincerebbe a portar frutto anche negli Stati Uniti.

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