Mercoledì scorso, presso l’emiciclo del Parlamento europeo di Bruxelles, ha avuto luogo un grande evento dal titolo “La lingua italiana come fattore di identità e unità nazionale” per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Roberto Benigni ha tenuto una “Lectura dantis” sul XXVI canto dell’Inferno. L’iniziativa è nata con l’obiettivo e il forte desiderio di rendere partecipi di queste celebrazioni anche i nostri colleghi europei, promuovendo la cultura italiana anche al di fuori dei confini nazionali, portando anche al Parlamento europeo la testimonianza e la storia della nostra lingua interpretata dalla genialità di Roberto Benigni.
“L’Italia s’è desta”, recita il nostro inno. Più semplicemente l’Italia si è riunita al Parlamento europeo per onorare la memoria della nostra storia, delle nostre buone ragioni per stare insieme, della nostra unità. Ci sono infatti tre aspetti su cui si misura il valore dell’esistenza umana: il problema del destino, il problema dell’amore e il problema politico, cioè appunto della convivenza civile. Il rapporto con Dio, il rapporto con la donna, il rapporto con gli altri uomini: ogni pagina di Dante e anche ogni immagine e ogni verso dei grandi della cultura italiana evidenziano che sono le questioni fondamentali, quelle sulle quali è vitale soffermarsi per viverle secondo ragione.
Certo, è un momento difficile per il nostro Paese, dal punto di vista politico, sociale ed economico, ma sbaglieremmo se ritenessimo di poter guadare questo fiume infernale appellandoci solo alle alchimie e alle contraddizioni della politica. Dobbiamo alzare lo sguardo tutti insieme: i nostri giovani patiscono, come in nessun altro periodo della storia, una solitudine, un’incertezza di fronte alla vita, la sensazione di camminare sulle sabbie mobili, perché non hanno motivo di scommettere sul proprio futuro, sui propri rapporti, sul proprio amore perfino, e perciò, forse ancora più di noi hanno bisogno di sentirsi dire il Paradiso.
Platone nel Convivio scrive: “Sono amici coloro che guardandosi negli occhi riconoscono la presenza di un Dio”. Qual è il Dio, il simbolo che oggi può continuare a tenerci insieme? Simbolico è infatti ciò che unisce, così come diabolico è ciò che ci divide. Siamone certi: è possibile nella vita non essere diabolici, cioè divisi, spezzati. L’avventura della nostra cultura, del nostro umanesimo e soprattutto l’avventura di Dante, come abbiamo ascoltato, è la scoperta di questa unità possibile.
Spero che possiamo molto presto essere testimoni di questa unità. Si può infatti, anzi si deve, ancor più in questo momento di pericolo, preferire ciò che ci unisce a ciò che ci divide.