Come tornare europei

Europa: un nuovo inizio. Questo è il titolo della nuova edizione di Encuentromadrid che si tiene questa settimana nella capitale spagnola. Il commento di FERNANDO DE HARO

Europa: un nuovo inizio. Questo è il titolo della nuova edizione di Encuentromadrid che persone di Comunione e Liberazione organizzano nella capitale spagnola questa settimana. Associare l’espressione “nuovo inizio” all’Europa vuole dire quanto meno indicare che l’inerzia della tradizione istituzionale, culturale e persino politica del Vecchio continente non è più sufficiente. Non so se gli organizzatori ne erano coscienti, ma scegliendo un tema in cui si parla della necessità di un nuovo inizio si sono allontanati da una sensibilità molto diffusa: quella che, in modo cosciente o incosciente, pensa all’Europa come una specie di rifugio di benessere e civiltà. Una sorta di Grade Svizzera, il migliore dei mondi possibili, in mezzo a mercati globali, grandi flussi di rifugiati e terze guerre mondiali a capitoli.

Buona parte degli ultimi rigurgiti di nazionalismo e populismo sono una forma di protesta perché l’Europa non ha saputo restare ai margini della storia. Sembrano indicare come una virtù il difetto denunciato con precisione pungente da Octavio Paz nel 1983. Vorrebbero che il Vecchio Mondo “si ripiegasse su se stesso e dedicasse le sue grandi energie a creare una prosperità senza limiti e a coltivare un edonismo senza passione, né rischi”. Questo obiettivo è semplicemente irrealizzabile. È comparso un mondo post-europeo che è fuori e dentro l’Europa. 

All’inizio del XX secolo la popolazione europea era superiore al 25% di quella mondiale, mentre ora è solo l’8%. Il Pil della Cina, misurato in potere d’acquisto, ha superato quello degli Stati Uniti. Negli anni ’90 l’Europa vinceva il 72% delle votazioni nelle Nazioni Unite, mentre adesso la Cina vince nel 74% dei casi e l’Europa nel 50%. Il centro di gravità del mondo, in termini politici, militari ed economici, si è spostato verso l’Asia e l’Oceano Pacifico.

Gli ottimisti sottolineano che il mondo post-europeo è molto più europeo di quanto si pensi. Ne sarebbe prova il fatto che le nostre grandi conquiste – il mercato, la democrazia basata su alcuni principi, la razionalità scientifica figlia della secolarizzazione e della tecnica – sono diventate tratti distintivi mondiali in questo XXI secolo. Questo occidentalismo, costruito con grandi dosi di ingenuità, sostiene che lo Spirito nel suo cammino ascendente sulla scala della storia ha consolidato e reso universali i valori dell’illuminismo. Tutti i dati fuori e dentro il Vecchio continente sembrano però dire il contrario. La disuguaglianza minaccia l’efficacia del mercato. La democrazia è messa in discussione. La ragione, chiusa in un bunker da secoli, ha sempre meno fiducia in se stessa. Curiosamente la scienza, più umile che mai e più incline a riconoscere i diversi percorsi della conoscenza, è il sapere più aperto. Ma la separazione tra Chiesa e Stato, promossa dal cristianesimo e realizzata effettivamente 18 secoli dopo la sua comparsa, viene minacciata dall’espansione di nuove e vecchie esperienze religione che vogliono cercare di sacralizzare il potere. Una certa paura della libertà e dell’altro è sintomo chiaro che l’edificio occidentale delle luci è rimasto vuoto e minaccia di crollare.

Non esiste né l’Europa rifugio, né quella dei valori. Non c’è Occidente senza occidentali, né Europa senza europei. Il cosiddetto “riarmo morale” è un’altra forma di utopia. I populismi europei di questo inizio secolo scommettono sul fatto che ci troviamo in una di quelle onde lunghe della storia cristallizzata nel maggio del ’68. Un movimento per molti aspetti distruttivo, ma nitido nel segnalare che le grande idee, i grandi principi che hanno costruito l’Europa dopo la Seconda guerra mondiale non riguardano la generazione presente. Solo 15 anni fa la proclamazione della Costituzione europea generò grande polemiche su quali dovessero essere le radici dell’Unione. Il tempo ci ha mostrato fino a che punto quel dibattito aveva una natura quasi museale. 

Speriamo che Encuentromadrid ci offra degli indizi per capire in cosa consiste questo “nuovo inizio” di cui parlano i suoi organizzatori. Qual è l’energia che permette di andare oltre “una prosperità senza grandezza” e “un edonismo senza passione”? Si è sempre detto che Roma insieme ad Atene e Gerusalemme hanno fatto l’Europa. Alla prima si attribuisce il merito del diritto. Roma è molto di più, rappresenta una sorprendente e umile intelligenza capace di attualizzare e rivivere (non solo ripetere), in nuove circostanze, la tradizione classica. Questo è quel che le ha permesso di sottomettere i barbari. La sfida di oggi è simile e sarebbe inutile cercare di sottomettere la nostra barbarie, quella che abbiamo già dentro – anche come persone – con pezzi da museo. Cosa ci permetterà, nel presente, di tornare a essere europei?

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