Fantozzi scaccia la crisi

Le vicissitudini economico-finanziarie mondiali non hanno intaccato, se non superficialmente, le abitudini di vita consolidate dell’italiano medio

A un anno dall’inizio ufficiale della crisi mi interessa soffermarmi su un aspetto: per nostra grande fortuna, e anche un po’ di merito, le vicissitudini economico-finanziarie mondiali non hanno intaccato, se non superficialmente, le abitudini di vita consolidate dell’italiano medio.

 

Persone e imprese che hanno fatto e fanno fatica ce ne sono e ce ne saranno, come peraltro ce ne sono sempre state anche in periodi di congiuntura economica positiva, ma non definiscono il sentire di fondo del Paese, se non sui media, nei convegni e nelle prese di posizione della politica.



Una riprova l’abbiamo avuta con l’evento drammatico e luttuoso del terremoto in Abruzzo: proprio martedì sono state consegnate, a distanza di soli cinque mesi, le prime case dimostrando una capacità di mobilitazione, del volontariato e delle istituzioni, economica, organizzativa e morale, di straordinaria efficacia. Attraverso mille rivoli l’italiano medio ha saputo fare arrivare a chi si trovava in situazioni ben peggiori della propria, aiuti sostanziosi che, con l’intervento coordinatore del governo, hanno permesso il piccolo miracolo cui assistiamo.



Contemporaneamente siamo andati in vacanza facendo segnare un +2,3% nelle presenze alberghiere di agosto rispetto allo scorso anno: certo siamo rimasti in Italia, ma questo oltre che utile è stato intelligente perché ha aiutato nostri connazionali, e siamo rimasti lontani da casa per un periodo più breve rispetto alle abitudini normali, ma anche qui riconosciamo che in materia abbiamo, o avevamo, abitudini ben al di sopra di tanti altri paesi economicamente sviluppati.

Abbiamo anche continuato a lavorare: da imprenditori o dipendenti, in cassa integrazione o al cento per cento dello stipendio, a tempo indeterminato o come figure atipiche, nella solita azienda e con le stesse mansioni o cambiando azienda e/o attività, difendendo il posto di lavoro o facendo carriera. Tutto è stato, è vero, un po’ più difficile di prima, ma difficile non deve mai essere sinonimo di impossibile.



In questo lungo anno il Paese ha subito un check-up dal quale può uscirne, deve uscirne, con una consapevolezza più convinta delle proprie peculiarità positive: un welfare che mediamente resiste, e che in termini di sanità solo ora gli Stati Uniti si apprestano ad avere, una capacità di risparmio privato consolidata che permette di affrontare momenti difficili con maggiore tranquillità, un sistema di piccole e medie imprese manifatturiere e di proprietà familiare in grado di aggredire i mercati globali.

Negli ottomilacinquecento comuni d’Italia c’è un paese profondo, che non fa notizia, che non finisce sui giornali, che non è di moda, ma che non è toccato più di tanto dalle notizie, dai giornali, dalle mode. Questo paese ha proseguito per la propria strada, anche in piena crisi, e permette a tutti noi di guardare al futuro con maggior ottimismo.

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