Non si può negare che le elezioni amministrative spagnole siano state delle primarie, una sorta di anticipazione di quello che accadrà tra sei mesi, quando si terranno le votazioni nazionali. Il verdetto è grosso modo chiaro: il Partito popular vince, ma perde quote importanti di voti. Il centrodestra ha infatti 2 milioni e mezzo di elettori in meno, di cui 800mila hanno scelto la nuova formazione di centro Ciudadanos. Ciò vuol dire che 1,7 milioni di vecchi elettori del centrodestra se ne sono rimasti a casa. Gli elettori di sinistra, specialmente i più giovani, si sono invece mobilizzati sostenendo Podemos, il nuovo partito populista e radicale.
In sintesi, gran parte dell’elettorato di centrodestra ha scelto l’astensionismo, dopo essersi sentito tradito dai casi di corruzione, dagli scandali di mala gestione e dalla mancanza di rinnovamento, e non riuscendo a identificarsi con un governo considerato troppo tecnico. L’elenco delle accuse è lungo e Ciudadanos è troppo giovane per compensare la mazzata subita dal partito di Rajoy.
I prossimi giorni ci diranno se ci saranno delle alleanze a sinistra. I socialisti, sebbene indeboliti dagli ultimi comizi, non resisteranno alla tentazione e, dove potranno, firmeranno dei patti di governo con Podemos. E nel caso serva una terza forza per governare la coinvolgeranno. La possibilità di una grande coalizione alla tedesca tra socialisti e popolari non viene nemmeno presa in considerazione.
È possibile fare qualche pronostico? Il Pp sarà capace di recuperare i voti perduti prima delle elezioni politiche? Gli accordi tra Psoe e Podemos nelle regioni e nei comuni saranno in grado di spaventare l’elettorato moderato portandolo alle urne? Gli ultimi cinque anni hanno reso evidente che la capacità politica di Rajoy e dell’attuale Pp è limitata. I buoni risultati raggiunti si devono in gran parte ai disastri combinati precedentemente da Zapatero. L’ex Premier è stato capace di allontanare i voti dal Psoe e ora qualcosa di analogo sta accadendo al Pp.
La politica economica che ha in gran parte salvato il Paese è stata un’arma a doppio taglio. Alcune riforme hanno provocato un’intensa sensazione di sacrificio in un Paese dove il benessere aveva raggiunto un buon livello. Le politiche di tagli non sono state accompagnate da una sufficiente pedagogia. Il protagonismo dello Stato in parecchi casi è stato sostituito da quello del mercato senza che venisse dato spazio alla società. Del resto la sofferenza resta alta se consideriamo che la disoccupazione è al 23%, che il 22% degli spagnoli è a rischio povertà e la disuguaglianza sociale è aumentata considerevolmente.
Il Governo ha commesso un errore evidente. Per esempio, sugli sfratti, favoriti da una legislazione chiaramente ingiusta, che sono diventati la bandiera del populismo di Podemos: si sarebbero potuti evitare facilmente se ci fosse stata più sensibilità nell’esecutivo. Molti hanno percepito un eccesso di arroganza nel modo in cui è stata annunciata una ripresa economica che non tocca ancora molti cittadini: Rajoy è arrivato a dire che in Spagna non si parlava più di disoccupazione.
Ci sono ancora coloro che possono incolpare l’elettorato, ma è certo che senza un nuovo modo di fare politica, senza nuove facce e nuovi messaggi, senza un nuovo avvicinamento alla società è difficile che il centrodestra possa recuperare. Non è quindi difficile immaginare che entro l’anno la Spagna avrà un Governo di sinistra. Non socialdemocratica, ma simile a Syriza. Il Psoe arriverà alla Moncloa, ma Podemos detterà molte delle politiche dell’esecutivo.
Le conseguenze sono abbastanza prevedibili. L’economia potrebbe subire un contraccolpo, lo statalismo diventerebbe crescente e la libertà religiosa ed educativa farebbero passi indietro. Questo è quanto accadrà in sette delle otto Comunità autonome in cui Psoe e Podemos governeranno presto insieme.
Non conviene anticipare gli eventi. Ma un governo con queste caratteristiche porterebbe con sé una sfida importante per chi crede nel protagonismo dell’iniziativa sociale e nella libertà di educazione. Se sarà il caso bisognerà ricordare quanto imparato ai tempi di Zapatero. In quegli anni è stato commesso l’errore di accettare una polarizzazione che non ha fatto bene a nessuno. Non conviene ricadere nella stessa trappola. Il modo più intelligente per lottare contro le nuove forme di ideologia è abbracciare ciò che hanno di giusto. L’unico modo per difendere la libertà è esercitarla, con pazienza, sacrificio, immaginazione.