Facile sparlare della televisione, della sua nefasta influenza, della sua attitudine alla semplificazione, della sua vocazione alla banalità. Quando serve però, anche i più “buoni” vi fanno ricorso, anzi, strafanno.
Il presidente Obama, per esempio – il presidente che ha entusiasmato i blog, che ha raccolto via internet la parte più cospicua del finanziamento per la sua campagna e che proprio per questo è considerato il presidente della “giovane” America – sta diventando anche il presidente più televisivo della storia. Lo si era già intuito in campagna elettorale, quando a sorpresa occupò con un lungo filmato promozionale lo spazio più appetito della tv Usa, quello della magica notte del Superbowl, finale del campionato più amato negli Usa e top di ascolto tv dell’anno.
Ora che è in carica, e che è arrivato ad alcuni snodi centrali della sua amministrazione (nuove regole per la finanza, riforma sanitaria, contingenti militari Usa in Irak e Afghanistan) ha scelto di parlare direttamente alla nazione attraverso la tv. A cinque network del Paese (i tre tradizionali generalisti Nbc, Cbs, Abc, la all news Cnn e la latina Univison) ha offerto 15′ di intervista a testa nella Sala Roosvelt della Casa Bianca. Il patto era di “uscire” tutti insieme domenica mattina e così in effetti è stato: un canale alle 9, due alle 10 e altri due alle 10:30. In più lunedì sera si è concesso a David Letterman nel suo Late Show di lunedì sera sulla Cbs (bissato la sera dopo dall’ex presidente Clinton), battendo con questa doppietta ogni record di presenze presidenziali sul piccolo schermo.
Obama sa di avere un perfetto appeal mediatico, come si è visto da Letterman, l’altra sera in veste di perfetta spalla. E’ spiritoso quel che basta, autorevole, rassicurante, non sfugge alle domande (specie se fatte in amicizia), ma soprattutto ha piena coscienza che la luna di miele con gli elettori Usa è finita e il consenso non glielo regala più nessuno.
La grande sintonia col web è sempre presente, il sito della presidenza è aggiornatissimo e l’attenzione verso la parte di America più avanzata e tecnologica non è venuta meno. Ma adesso, fra guerra al terrorismo e riforme, è venuto il momento di avere il polso dell’America profonda e questa misurazione passa ancora per la vecchia, criticata tv (e perfino per gli acciaccatissimi giornali, che il presidente ha recentemente indicato come più autorevoli delle troppe confusioni mediatiche via web). Obama sa che la tv è importante e che averne dalla sua parte il più possibile è un obbiettivo urgente da raggiungere. Anche perché i suoi più acerrimi avversari sono scesi in campo anche loro su questo terreno. Non è un caso se la grande esclusa dalla domenica presidenziale, Fox News, vede proprio questa settimana celebrato il suo più caustico anchorman, Glenn Beck, con la copertina di Time.
A Beck per ora Obama non ha pensato, perché questo è il momento delle interviste “amiche”, ma non è escluso che quando il dibattito al Congresso si farà più serrato non accetti altre sfide (quelli di Beck sono pur sempre 3 milioni di telespettatori quotidiani, poco meno di quelli che ha Letterman). In un primo sondaggio di MSNBC, solo il 34% degli americani pensa che il presidente recordman si sia sovraesposto, un po’ come successe qualche settimana fa quando il repubblicano Joe Wilson lo interruppe al Congresso ottenendone unanime riprovazione. Obama ha appena cominciato: talk show importanti da visitare ce n’è ancora un bel po’, Jay Leno in testa. Ma non trascuri di incontrare la gente là dove vive, specie in questa stagione di crisi e difficoltà. I suoi elettori li ha convinti uno a uno, per strada, partendo da perfetto outsider.
Ora che è alla Casa Bianca non deve metter da parte quella familiarità, quell’empatia, quella franchezza che hanno fatto la sua fortuna. Diceva il saggio Jannacci qualche anno fa: “La televisiun la g’ha na forsa de leun/la televisiun la g’ha paura de nisun/la televisiun la t’endormenta cume un cuiun”. Un corollario un po’ così, da provincia dell’impero, che però ci riporta coi piedi per terra.