La frase è stata come una pietra: “È il mercato, amico”. A dirla a Madrid pochi giorni fa, nella sede del Congresso dei deputati, è stato il grande mago dell’economia dei governi di Aznar. Un mago caduto ora in disgrazia. La frase, pronunciata da Rodrigo Rato, è stata come una pietra arrivata sulla fronte. Certa arroganza liberale, dopo quello che è successo nel mondo negli ultimi dieci anni, è insostenibile. È doloroso il fatto che vengano lanciate parole come sassi. E fa ancora più male che sia colui che l’ha pronunciata, sia i socialdemocratici tradizionali che l’hanno criticato continuino a mostrare una certa arroganza quando usano formule ideologiche che non spiegano il nuovo.
Rato si è presentato davanti al Congresso non per fare valutazioni di politica economica, ma per relazionare sulla gestione di Bankia (la seconda Cassa di risparmio del Paese, ora pubblica). Ha ostinatamente difeso l’Ipo effettuata nel 2011, in cui i giudici vedono indizi di una grande truffa. Non ci sono mercati perfetti quando si tratta di finanza, questo è ormai chiaro. La mano invisibile che ripartisce, presumibilmente con giustizia, successi e fallimenti, nel caso di Bankia costerà agli spagnoli 14 miliardi. Il costo totale del salvataggio ammonterà a circa 60 miliardi. Ha fallito il mercato, ha fallito lo Stato che, attraverso i suoi organi di vigilanza (la Banca di Spagna), avrebbe dovuto impedire la vendita fraudolenta di prodotti finanziari che nessuno era in grado di comprendere.
Abbiamo appreso, dal fallimento di Lehman Brothers, che la regolamentazione e la supervisione sono essenziali e che quanto più sono europee e globali meglio è. Non possiamo più dire come negli anni ’90 che la soluzione migliore è “meno Stato, più società”. Non possiamo dirlo senza aggiungere subito dopo che, in realtà, intendiamo dire “Stato migliore per una società migliore”. Senza sapere bene, inoltre, cosa significhi Stato migliore. Tutti noi che abbiamo avuto la nostra Lehman Brothers, viviamo con l’inquietante intuizione che il vecchio Stato, quello che vigila sui banchieri, quello che ci paga la pensione, quello che fornisce i servizi, non è in grado di darci quello che ci ha dato in passato.
Sembra che le nuove esperienze sociali ed economiche che viviamo non trovino un canale critico adeguato. Un buon esempio è quello che succede al partito che, secondo i sondaggi, può raccogliere l’eredità del Pp. Ciudadanos continua a confidare nella teoria ingenua del mercato, così come fanno nei loro discorsi i popolari (anche se la loro politica nella realtà è socialdemocratica). Ciudadanos ha presentato alcuni mesi fa al Congresso una proposta a favore dell’utero in affitto. Sebbene formalmente si parli di un contratto che non riguarda la maternità surrogata, tutti sanno che alla fine i rapporti commerciali verrebbero estesi fino a quel piccolo rifugio (la relazione madre-figlio) in cui ancora l’unica regola è la gratuità.
La necessità di trovare un nuovo modo di pensare è urgente perché abbiamo da affrontare la Quarta Rivoluzione industriale. La digitalizzazione, in linea di principio, creerà più posti di lavoro, ma le transizioni non sono immediate, né facili. Accogliamo con favore il fatto che la Grande Coalizione stia per concretizzarsi: l’accordo tra Merkel e Spd rafforzerà l’asse franco-tedesco. Potranno così essere fatti timidi passi verso un maggiore peso politico dell’Unione, superando la resistenza degli elettori naturali della Cdu e mantenendo la Merkel al centro. Ma l’agenda di Macron è fondata, soprattutto, sulle riforme per smagrire un enorme Stato francese e per riformare la legislazione sul lavoro e sull’economia.
Ci impegniamo, iniziata una nuova rivoluzione industriale, a pensare con i binomi Stato/Mercato, interesse/regolamentazione e gestione statale. Qualche giorno fa David Sangokoya, responsabile dell’innovazione di un’istituzione che difende il mercato come il World Economic Forum, ha aperto un’altra finestra. Ha ricordato che, durante le precedenti rivoluzioni industriali, nel corso del XVIII e XIX secolo, le organizzazioni del Terzo settore erano autentici “laboratori sociali di innovazione”. Queste organizzazioni erano a fianco dei lavoratori, della popolazione emarginata, quando i progressi dell’industria e dei governi non erano in grado di occuparsi di loro. In un articolo intitolato “5 sfide per la società civile nella Quarta rivoluzione industriale”, segnala che “i leader della società civile hanno usato beni privati ??per ottenere benefici pubblici in un modo differente. L’estensione dell’istruzione, del sistema sanitario e di altri servizi è stata possibile perché i governi hanno seguito i loro modelli. Le politiche pubbliche sono state provocate dalla fine del XIXI secolo, e lo sono ancora oggi in molti Paesi del mondo, dalla società civile”. Un buon esempio in cui fatti e teoria camminano insieme. È la vita, amico, ciò che conta e ciò che giudica i discorsi.