Con la morte di Giulio Andreotti è scomparsa anche l’ultima speranza di fare luce su uno dei cold-case più neri della Storia della Repubblica italiana. Un delitto senza alcuna soluzione, quello della 21enne romana Wilma Montesi, che il 9 aprile di 60 anni fa fu trovata senza vita sulla spiaggia di Torvaianica, nei pressi della Capitale. Secondo l’autopsia, la ragazza sarebbe affogata in seguito a un malore avvenuto per una sincope mentre teneva a bagno i piedi ma presto la sua morte divenne un fortunato escamotage per abbattere alcuni membri “scomodi” della Democrazia Cristiana, come il ministro Attilio Piccioni che fu costretto a dimettersi.
Alcune testate giornalistiche riportarono le parole di presunti testimoni pronti a giurare che la Montesi sarebbe morta in seguito a un mix di droghe e alcol assunto durante un festino a luci rosse cui avrebbe preso parte anche il compositore Piero Morgan, figlio di Piccioni: fu così che il primo scandalo “hard” d’Italia prese il via e falciò un’intera classe dirigente. Uno scandalo costruito ad arte (nello stomaco della vittima furono ritrovati solamente i resti di un gelato) per far cadere Piccioni, allora uno dei massimi esponenti della DC, che fu orchestrato con abilità da qualcuno interno al suo stesso partito.
Chi non si sa, né lo si saprà mai: lo stesso Andreotti, dopo anni, disse di non avere idea di chi, dei suoi ex colleghi, fu la mente di tutto, ma ora, anche il sette volte Presidente del Consiglio riposa sotto terra, a sei decenni di distanza dalla povera Wilma – che adesso avrebbe 71 anni – duplice vittima, del suo vero assassino, la cui identità è ormai un lontano miraggio, e di un finto scandalo che ancora porta, suo malgrado, il suo nome.