Si è ucciso il dottor Alberto Flores d’Arcais, il primario di Pediatria di Legnano che alcune settimane fa era stato accusato di pedofilia. Il medico si è gettato dalla finestra del proprio appartamento milanese, in via Belgirate, dopo aver scritto un biglietto d’addio alla famiglia. “Perdonatemi, vi amo”: questo l’ultimo messaggio di Alberto Flores d’Arcais prima del suicidio. Secondo quanto riporta Rai News, le autorità avrebbero anche sequestrato altre 10 buste allegate al primo messaggio ai familiari, probabilmente destinate a colleghi ed amici. Su questra tragedia si è espresso il dottor Alberto Aronica, medico della famiglia Flores ed amico del primario, sottolineando come l’accusa di pedofilia nei confronti di Alberto Flores d’Arcais fosse del tutto infondata. L’inchiesta delle autorità, secondo Aronica, sarebbe partita a causa di alcune tensioni fra il primario e due pediatri di base. Il medico ha anche riferito all’Adnkronos Salute che prima del rigetto degli arresti domiciliari, avvenuto la settimana scorsa, Flores d’Arcais era in forte depressione, tanto che gli aveva consigliato di richiedere una visita psichiatrica. “Avevo capito che era a rischio suicidario”, continua Aronica, un’intuizione confermata in seguito da tre perizie psichiatriche. Il pm tuttavia si è pronunciato a sfavore della libertà, nonostante la perizia di parte di un pediatra conosciuto avesse evidenziato che le visite fatte ai bambini da Alberto Flores d’Arcais fossero del tutto normali. L’accusa delle visite allergologiche ha avuto quindi un peso maggiore: al primario infatti gli è stata contestata non solo la modalità con cui ha effettuato le visite, ma anche la durata delle stesse. Secondo la procura di Busto Arsizio (VA) sarebbero 18 gli episodi in cui lo specialista avrebbe assunto dei comportamenti ritenuti illeciti, tutti con baby pazienti femmine di 13 anni. Ad avvalorare la denuncia era stata l’inchiesta durata sei mesi su Alberto Flores d’Arcais ed il forte quantitativo di immagini pedopornografiche presente nel suo computer, oltre a numerosi accessi a siti web dedicati. Secondo Gianluigi Fontana, Procuratore Capo della Repubblica di Busto Arsizio, si parlerebbe di circa 5 mila documenti incriminanti.