Oggi si sono tenuti i funerali di Simona Monti, una delle vittime italiane nella strage di Dacca, dove l’Isis ha portato via con tortura e terrore la vita di alcuni nostri connazionali. Diciamo 10 morti, visto che Simona era incinta di una piccola vita dentro di sé. Fa impressione tutto in questa triste vicenda, dove una luce ha deciso misteriosamente di far brillare questa donna e la sua terribile esperienza per comunicarci qualcosa. Questo infatti ci sembra di poter scorgere dalle parole apparentemente “fuori da questo mondo” del fratello parroco Don Luca, che fin dai primi istanti dopo la notizia dell’attentato ha voluto ringraziare la sorella con l’esatto opposto della banale commemorazione. Davanti alla morte le belle parole non bastano, ma le parole belle, intrise di speranza, sono esattamente quello che di cui l’uomo ha bisogno; e quelle parole valgono solo se passano da qualcuno, da un volto che, pur sofferente – come quello di Don Luca, il fratello della povera Simona – richiama alla verità sconvolgente e misteriosa. Sentitelo oggi durante l’omelia dei funerali: «mia sorella era un fiore, anzi è un fiore, che riluce in tutti noi. Siamo qui dubbiosi e spaventati da tante domande, ma le risposte carissimi noi le abbiamo già. È la resurrezione». Parole, solo parole? Vedendolo qualche giorno fa mentre benediceva la bara della sorella all’arrivo in Italia e in una intervista successiva a Tv2000, forse, le parole non bastano a descrivere quel viso lieto anche se terribilmente sofferente. «Se il sangue di mia sorella possa essere servito a Dio per portare la pace nel mondo, potrò dire, nonostante il comprensibile dolore umano, di essere orgoglioso della morte di mia sorella».
Per Don Luca l’invito della pur tragica sorte di Simona è di richiamo non morale ma vitale per tutti: «l’invito è saper rispondere con il Vangelo della misericordia e del perdono, attraverso la lucidità e il coraggio della fede cristiana, ad una religione essenzialmente intrisa di violenza e odio. E se è vero che questi occidentali sono stati uccisi perché non conoscevano il Corano, allora Simona è morta martire». Non parole in libertà, ma parole libere, che chiamano le cose con il loro nome, è martire Simona, non ha paura a dirlo. Ma non teme neanche la più umana e pure così impossibile reazione, il perdono: «Mi viene in mente la frase di Papa Francesco quando dice che per la corruzione non c’è perdono. Questo movimento terroristico fa parte della gamma della ‘corruzione’, dunque non c’è perdono. Allora il perdono è la scelta di una riconciliazione pronta e dolorosa ai piedi della Croce, nell’accettazione di come sono andati i fatti»- Parole? Silenzio, ora serve quello: cosa spinge Don Luca a dire così? Quale domanda ardente in lui è stata risposta? E sopratutto, un perdono così da dove arriva? Grazie Simona, perché queste domande non sono banali, ma sono umane. E con la tua “storia” le hai risvegliate.