La Corte dei Conti lancia un nuovo allarme riguardo le conseguenze della “corruzione sistemica” presente in Italia. “Oltre al prestigio, all’imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione”, è proprio questa infatti a pregiudicare “da una lato la legittimazione stessa delle pubbliche amministrazioni, e dall’altro, come più volte la Corte ha evidenziato, l’economia della Nazione”. A sottolinearlo è il presidente Luigi Giampaolino nella relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “In particolare – osserva ancora – la natura sistemica della corruzione ha comportato un ingigantimento del bene giuridico offeso e una rarefazione del contenuto di disvalore dei singoli comportamenti di corruzione”. Nello stesso intervento, Giampaolino parla di un aumento della pressione fiscale “già fuori linea” rispetto ad altri Paesi europei che ha di fatto favorito “le condizioni per ulteriori effetti recessivi”. “In un periodo di tempo breve e con l’urgenza di corrispondere alle richieste dell’Europa – ha quindi precisato – i margini limitati di riqualificazione della spesa pubblica hanno reso necessario, dunque, un ricorso ad aumenti del prelievo tributario, forzando una pressione fiscale già fuori linea nel confronto europeo e favorendo le condizioni per ulteriori effetti recessivi; la pur comprovata maggiore efficacia delle misure di contenimento della spesa pubblica non ha, inoltre, consentito, in presenza di un profilo di flessione del prodotto, la riduzione dell’incidenza delle spese totali sul Pil, che resta al di sopra dei livelli pre-crisi”. Il pericolo di un avvitamento connesso alla composizione, “più che alle dimensioni, delle manovre correttive del disavanzo”, è stato ripetutamente segnalato dalla Corte “che ha molto insistito, nelle proprie analisi, sulla necessità di puntare in ogni modo sui fattori in grado di favorire il recupero di livelli di crescita economica più elevati. Ma con la consapevolezza del lungo tempo necessario per riassorbire il vuoto di prodotto generato dalla crisi”.
Giampaolino conclude quindi spiegando che “l’asimmetria temporale tra gli effetti restrittivi prodotti dalle ripetute manovre di riduzione del disavanzo e l’impatto positivo sulla crescita degli interventi di sostegno all’economia e delle riforme genera un equilibrio fragile, con il rischio di una rincorsa incompiuta degli obiettivi di finanza pubblica”.