Tensioni profonde attraversano la dimensione religiosa, che non costituisce più un universo di valori per le persone né è in grado di guidare l’azione dei singoli. Prima contribuiva a costruire un senso comune, ora invece assistiamo ad una “crisi del sacro”. L’Italia ha smarrito il senso del sacro e così diminuisce il numero dei cattolici. Questa è la fotografia che ha scattato Community Media Research nella ricerca realizzata in collaborazione con Intesa Sanpaolo per “La Stampa”. Lo studio ha approfondito alcuni dei temi sugli orientamenti religiosi degli italiani, rivelando – pur con le dovute cautele – che i processi di trasformazione rilevati all’inizio del secolo si sono intensificati. La società italiana, in generale, mostra dunque evidenti segni di una «progressiva erosione della dimensione del sacro», a distanza di quasi 20 anni da un’altra importante indagine, quella curata da Garelli, Guizzardi e Pace nel 2000.
MENO CATTOLICI IN ITALIA: I NUMERI DELLA “CONTRAZIONE”
La maggioranza della popolazione italiana si dichiara ancora oggi cattolica (60,1%), ma un italiano su tre (33,4%) non sente di appartenere ad alcuna confessione religiosa. La percentuale che rappresenta quanti appartengono ad altre famiglie religiose è largamente minoritaria: dagli islamici agli ebrei, dai buddisti agli altri cristiani o non cristiani, siamo al 6,5%. Da questi numeri sembrerebbe che l’Italia resta un paese popolato da cattolici. E in effetti è così, ma il dato che preoccupa la Chiesa è un altro: dal 2000 ad oggi sono andati persi 19,1 punti percentuali. Quasi vent’anni fa, infatti, la percentuale di chi si dichiarava cattolico era stimata al 79,2%. Questa dispersione non avvantaggia però gli altri gruppi religiosi, ma anzi va ad alimentare l’area della non-appartenenza. Il 33,4% contro il 18,8% del 2000. La ricerca spiega dunque che la religiosità cattolica continua a coinvolgere una larga fetta della società italiana, ma è in contrazione.
MENO APPARTENENZA? MENO PARTECIPAZIONE…
Anche la frequenza ai riti e alle funzioni religiose permettono di verificare una maggiore o minora tensione all’appartenenza religiosa. Gli “assidui”, cioè coloro che partecipano tutte le domeniche o almeno più volte al mese, sono il 25,6%. Il calo è del 24% rispetto al 2000, quando erano al 49,6%. Crescono invece i “saltuari”, cioè coloro che partecipano solo ad alcune occasioni o ogni 4-5 mesi: parliamo del 47%, rispetto al 34,9% del 2000. In aumento anche coloro che non frequentano mai: sono passati dal 15,5% del 2000 al 27,4% di ora. Diminuisce il senso di appartenenza? Diminuisce la partecipazione ai riti delle comunità religiose. Appartenenza e partecipazione sono due dimensioni tutt’altro che scontate fra i cattolici: solo il 39,4% è presente assiduamente ai rituali, ma la quota è più cospicua rispetto a quanti appartengono ad altri gruppi religiosi (26,2%). I cattolici sono meno, ma sono comunque più “fedeli”, ma a partecipare con costanza ai momenti comunitari è comunque una minoranza. Dalla rilevazione è emerso un pluralismo religioso che dimostra che nell’epoca di trasformazioni che stiamo attraversando pone nuove domande.