Riccardo Chiaberge, dal proprio blog su Il Fatto Quotidiano, commenta ironicamente le per di posizione degli atei moderni. E, dichiarandosi ateo, sostiene che a sentirli parlare gli vien voglia di cercare la parrocchia vicina.
Dal proprio blog personale sul sito de Il Fatto Quotidiano, Riccardo Chiaberge, già caporedattore della redazione culturale ed editorialista scientifico de Il Corriere della Sera, ironizza sugli atei moderni. In grado, dice lui, da ateo, di farlo correre a cercare una chiesa ogni volta che li sente parlare. «Gli atei sono al settimo cielo. Stanno da Dio. Dopo il biologo Richard Dawkins, il quale sostiene che la religione è all’origine di tutti i mali del mondo, inclusi lo tsunami, la marea nera e il crac dei titoli tossici, adesso è la volta di Stephen Hawking, il guru della cosmologia, che dimostra come l’universo si è creato da sé, senza nessun bisogno del Padreterno, e che anzi esistono molti universi paralleli oltre a quello in cui viviamo no», scrive Chiaberge. «Esultano – continua – i militanti dell’Uaar (Unione degli atei e agnostici razionalisti italiani), che stanno già allestendo un nuovo autobus con su scritto “Dio non esiste, fidatevi di Hawking”: capolinea al planetario, e proiezione di filmati sul Big Bang».
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Il fatto, secondo Chiamberge è che «non spetta agli scienziati dimostrare l’esistenza o non esistenza del Creatore». E come il creazionismo non può ambire allo status di scienza, così non possono farlo alcune dottrine, vendute come scienze esatte, ma prive di alcun fondamento razionale: «certe teorie cosmologiche tipo superstringhe o multiverso appartengono più alla metafisica o alla teologia che alla fisica. Scienza e religione possono tranquillamente convivere, basta che non tentino di invadere l’una il territorio dell’altra». Tornado ad Hawking, «se l’universo può fare a meno di Dio – spiega Chiamberge -, sono cavoli dell’universo, o del multiverso. È l’uomo che per lo più non riesce a farne a meno, anche quando non aderisce a nessuna religione organizzata». Chiamberge parla per esperienza diretta: «Parlo da laico: non credo in Dio, ma nel mio bisogno di Dio, benché i preti abbiano fatto del loro meglio per estirparmelo», dice. E aggiunge: «quando sento parlare Odifreddi o Margherita Hack, con quella loro sicumera che esclude categoricamente qualsiasi dimensione trascendente quasi fosse sempre e comunque una favola per gonzi, mi viene immediatamente una crisi mistica e corro alla più vicina parrocchia». Perché il corretto approccio laico alla realtà non può consistere che in uno «sano scetticismo a 360 gradi verso ogni tipo di dogma e di verità rivelata, incluse quelle scientifiche».
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