Andranno a processo la ginecologa e l’ostetrica della Clinica Mangiagalli che sono ritenute accusate di omicidio colposo per la 36enne Claudia Bordoni morta incinta di due gemelle lo scorso 28 aprile 2016: lo ha deciso questo pomeriggio il gup milanese Ezia Maccora che ha invece prosciolto da ogni accusa un’altra ostetrica in quanto avrebbe avuto un ruolo solamente marginale nella tragica ricostruzione dei fatti. Secondo quanto riferito ancora oggi in aula dai legali della vittima, i fatti avvenuti alla Clinica sono da imputare come «gravissimi». Il motivo della morte è stata una fatale emorragia interna ma, secondo l’accusa, nessuno all’interno dell’equipe medica se ne sarebbe accorto e ogni intervento avvenuto in seguito sarebbe stato troppo tardivo per poter salvare la povera donna e la doppia vita che portava in grembo. Il processo si aprirà il prossimo 18 giugno con i legali del medico e della ostetrica che presenteranno opportune documentazioni e testimonianze per cercare di far valere la propria versione dei fatti di fronte alla tragica sequenza avvenuta nella clinica milanese.
LA DINAMICA TUTTA DA CONFERMARE
Claudia Bordoni, così si chiamava la giovane donna che era incinta di due splendide gemelle, venne a mancare il 28 aprile 2016 per via di una gravissima emorragia interna causata dall’endometriosi, malattia molto rara che durante la gravidanza colpisce l’utero: la donna, giunta alla Clinica Mangiagalli per dolori interni, si lamentò in maniera ingente ma le fu somministrato un calmante mentre nessuno pare si fosse accorto della gravità in corso. «Quando la donna chiamò le ostetriche per l’improvviso peggioramento, in uno stato di profonda debolezza, ci fu un brusco calo di pressione», ricostruisce Tg Com24 la dinamica di quelle ore terribili, ancora tutta da confermare in sede processuale. In quel momento, secondo l’accusa, il personale non avrebbe svolto tutti i necessari accertamenti forse per una sottovalutazione del problema in corso: non venne effettuata l’ecografia per la difficoltà nel trasportare la donna nella sala specifica. Inoltre, gli allarmi per i forti lamenti della donna non fecero scattare gli opportuni controlli per bradicardia e ipotensione: questo, sempre secondo l’accusa dei due indagati, non avrebbe consentito l’individuazione dell’emorragia interna e quindi nel giro di poche ore l’inevitabile morte di Claudia e delle sue due bambine. Sarà il processo che dovrà stabilire se vi siano particolari responsabilità del personale della Clinica o se invece si sia trattato solamente di una tragica e terribile, ma inevitabile, fatalità.