“Benedetto XVI non è stato un Papa diplomatico, ma una figura che ha anteposto la difesa della verità a qualsiasi altra considerazione. La sua scelta di dimettersi è perfettamente coerente con tutto ciò che ha affermato nel corso del suo intero Pontificato”. Wael Farouq commenta così la notizia delle dimissioni di Joseph Ratzinger dal soglio di San Pietro, che saranno effettive dal 28 febbraio. Per il professore egiziano fondatore del Meeting Cairo, “nel momento in cui tantissime persone odiano e uccidono nel nome della religione, la scelta di cedere la massima carica spirituale al mondo è il segno di una persona estremamente umile ma con una grande energia, al punto da riuscire a rinunciare a tutto il potere”.
Come è stata accolta nel mondo arabo la notizia delle dimissioni di Benedetto XVI?
La prima reazione è stata un enorme silenzio. Il Santo Padre ci ha fornito un’altra lezione pratica, in armonia con tutte le sue prese di posizione. La sua scelta documenta il fatto che il potere è un peso. Nel momento in cui numerose persone odiano e uccidono nel nome della religione, quest’uomo ha rinunciato alla massima carica spirituale al mondo perché non poteva più adempiere ai suoi doveri. Questo gesto è molto più significativo di centinaia di discorsi e migliaia di parole. E’ una lezione pratica per tutti. Ci insegna che qualsiasi carica è un servizio per le persone, e non un modo di controllarli.
E’ una lezione anche per il Medio Oriente?
Purtroppo dopo la Primavera araba in Egitto e in Medio Oriente stiamo assistendo a un abuso della religione nell’arena politica. Proprio per questo l’intero mondo arabo è rimasto senza parole di fronte alla scelta del Papa. La scelta di dimettersi riflette un profondo senso di umiltà, il fatto che ci troviamo davanti a una persona estremamente semplice ma con un grande potere nel suo cuore. Solo un uomo così può avere l’energia di rinunciare a tutto il suo potere.
Con il discorso di Ratisbona, Benedetto XVI ha puntato il dito contro una certa interpretazione dell’islam.
Ci sono milioni di interpretazioni dell’islam, al punto che dovremmo smetterla di parlare di islam e iniziare a parlare di musulmani. L’islam è una religione che da 15 secoli riguarda una vasta regione geografica che include tutti e cinque i continenti. La lezione di Ratisbona ci insegna che la ragione è centrale per la fede e la violenza è in completa contraddizione con la religione, e la mia personale comprensione della mia fede musulmana si trova in perfetta armonia con tutto ciò che è stato espresso dal Papa in quel discorso. Numerosi studiosi musulmani di diverse epoche hanno espresso gli stessi giudizi del Santo Padre, pur trovandosi così in conflitto con l’opinione di altri esperti la cui opinione era differente.
Come valuta le prese di posizione del Papa in particolare nei confronti delle zone calde del Medio Oriente?
Ho ammirato Benedetto XVI fin dal primo momento, perché è una persona molto semplice e umile ma che non ha mai smesso di coltivare il piacere dell’onestà. Non è un diplomatico, e quindi non ha mai ignorato o evitato i veri problemi della realtà del nostro tempo. E’ sempre stato un uomo sincero e quanto ha compiuto ieri è stato del tutto coerente con la sua storia.
Papa Ratzinger è stato in grado di favorire concretamente il dialogo con l’islam?
Fin dal primo momento si è rifiutato di proseguire con un dialogo inter-religioso superficiale, basato sull’incontro tra credenti “moderati” appartenenti a diverse confessioni che affermavano di essere d’accordo su ogni cosa. Le settimane interreligiose di Assisi durante l’era Ratzinger si sono basate più su un incontro, che su un tentativo di elaborare formulazioni teoriche che andassero bene per tutti.
Quali sono state le conseguenze di questo cambiamento impresso dal Papa?
Molte persone hanno percepito il cambiamento impresso da Ratzinger come se il suo fosse un atteggiamento aggressivo nei confronti del dialogo, mentre in realtà è stato un passo deciso nella direzione del vero dialogo. Un evento come il Meeting del Cairo è nato dallo stesso tentativo di fondare il dialogo non su un compromesso a livello dogmatico, ma sul fatto di condividere un’esperienza concreta. E’ stato proprio Benedetto XVI a insegnarci che il dialogo non avviene tra le religioni ma tra i credenti.
Che cosa ne pensa invece della posizione tenuta dal Papa nei confronti della Siria?
In quanto leader dello Stato Vaticano, nei confronti della Siria il Papa ha messo da parte qualsiasi linguaggio diplomatico e ha espresso chiaramente la sua posizione contraria alla violenza e ai massacri. La stessa chiarezza lo ha caratterizzato nei confronti dell’Iraq, rispetto a cui nel 2002 quando era ancora cardinale dichiarò che un attacco unilaterale non poteva essere giustificato. Ha quindi difeso tutto ciò in cui credeva, anche a costo di mettere da parte le considerazioni di opportunità politica. Ha provato così di essere non un politico, ma l’uomo della verità e della realtà.
Proprio lo scorso settembre il Papa si è recato in Libano.
E’ stato un evento molto fecondo. Dopo la sua visita in Libano, molti amici libanesi mi hanno contattato, chiedendomi di organizzare un evento simile al Meeting del Cairo anche a Beirut, proprio per i sentimenti positivi suscitati dal Santo Padre. La loro intenzione era ospitare un evento in grado di rappresentare questo spirito molto positivo determinato dall’incontro con Benedetto XVI.
(Pietro Vernizzi)