Esce il nuovo libro del papa emerito Benedetto XVI, Ultime confessioni, che già dal titolo fa ampiamente capire il contenuto. Le sue ultime parole? Il Corriere della sera riporta alcune anticipazioni, ad esempio Ratzinger dice apertamente di aver scritto lui di propria mano la rinuncia al papato: “Non posso dire con precisione quando, ma al massimo due settimane prima. L’ho scritto in latino perché una cosa così importante si fa in latino. Inoltre il latino è una lingua che conosco così bene da poter scrivere in modo decoroso. Avrei potuto scriverlo anche in italiano, naturalmente, ma c’era il pericolo che facessi qualche errore”. Poi chiarisce una volta per tutte i motivi dell’abbandono, motivi su cui in molti speculano ancora oggi in modo disonesto: “Non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte. Nessuno ha cercato di ricattarmi. Non l’avrei nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione. E non è nemmeno vero che ero deluso o cose simili. Anzi, grazie a Dio, ero nello stato d’animo pacifico di chi ha superato la difficoltà. Lo stato d’animo in cui si può passare tranquillamente il timone a chi viene dopo”. Così come chiarisce il suo rapporto con l’attuale pontefice, argomento anche questo su cui si specula cercando di metterli uno contro l’altro: “Il modo in cui ha pregato per me, il momento di raccoglimento, poi la cordialità con cui ha salutato le persone tanto che la scintilla è, per così dire, scoccata immediatamente. Nessuno si aspettava lui. Io lo conoscevo, naturalmente, ma non ho pensato a lui. In questo senso è stata una grossa sorpresa. Non ho pensato che fosse nel gruppo ristretto dei candidati. Quando ho sentito il nome, dapprima ero insicuro. Ma quando ho visto come parlava da una parte con Dio, dall’altra con gli uomini, sono stato davvero contento. E felice”. A proposito di un papa sudamericano dice che è la prova che la Chiesa è in movimento, dinamica e aperta e che non è congelata in schemi. Ammette che fare riforme “non è il mio punto di forza” mentre Bergoglio le sa fare con capacità organizzative. Ammette anche che in Vaticano esisteva una lobby gay di quattro o cinque persone che lui stesse fece sciogliere. Infine le parole più forti: mi sto preparando alla morte e non mi considero un fallito. “Il governo pratico non è il mio forte e questa è certo una debolezza. Ma non riesco a vedermi come un fallito. Per otto anni ho svolto il mio servizio. Ci sono stati momenti difficili, basti pensare, per esempio, allo scandalo della pedofilia e al caso Williamson o anche allo scandalo Vatileaks; ma in generale è stato anche un periodo in cui molte persone hanno trovato una nuova via alla fede e c’è stato anche un grande movimento positivo”.