Non finisce mai. Ma questo lo sappiamo bene. Dopo Sana Cheema, uccisa strangolata dal padre e dal fratello perché rifiutava un matrimonio combinato, è il turno di Farah, una ragazzina di 19 anni residente dal 2008 a Verona che viene portata in Pakistan e sottoposta ad una violenza indicibile: costretta ad un aborto, a 19 anni, perché rimasta incinta di un compagno di scuola. Il bambino lei lo voleva tenere, ma i familiari hanno deciso di strapparglielo con la forza.
L’hanno portata in patria con l’inganno fingendo di andare a presenziare al matrimonio del fratello, segregata e sottoposta clandestinamente ad una interruzione forzata di gravidanza, grazie alla connivenza di un medico del luogo. La ragazza ha avuto il coraggio però di prendere il telefono e via Whatsapp di raccontare il suo inferno di dolore e sofferenza alle amiche in Italia, spiega il quotidiano L’Arena, riportando stralci di quelle conversazioni. Una storia terrificante, che ci riporta indietro di mille anni e di mille progressi. E ci riporta ad altri casi in cui la trafila è stata sempre la stessa: la ragazza infatti aveva denunciato il padre per maltrattamenti e aveva aderito al Progetto Petra, essendo stata ospitata per un periodo in una struttura protetta da cui era uscita dopo essersi riconciliata con la famiglia.
Proprio quella famiglia che poi l’ha condannata a subire l’atroce delitto: il padre sarebbe già rientrato in Italia, mentre madre e sorella la sorvegliano in maniera intensiva. Portata con l’inganno in Pakistan, costretta all’aborto, legata al letto e sedata, poi una volta consumata la violenza addirittura sorvegliata dalle due presenze femminili della sua famiglia che più dovrebbero capirla e che avrebbero dovuto proteggerla.
È un serpente di integralismo familiare e di non integrazione che infetta sempre più parti delle comunità e rende queste ragazze sempre più indifese, più a rischio di subire violenze come un aborto forzato o addirittura di essere uccise. Qui o nei Paesi di provenienza. Ragazze che sin dalla tenera età vengono lasciate sole, in preda alle mire di famiglie che sempre più si orientano all’estremismo. Non viene loro permesso di frequentare la scuola dell’obbligo: non mi stancherò mai di ripetere che il 60 per cento delle bambine di origine maghre