Un figlio con problemi di etilismo maltratta e minaccia la madre per ottenerne denaro, lei si rivolge ai carabinieri, scatta una denuncia per maltrattamenti e per stalking. La vicenda sottostante purtroppo non è nuova, la violenza verso i famigliari, da cui si pretendono risorse e aiuti, è una delle frequenti conseguenze della dipendenza da alcool o da sostanze. Il legame familiare viene spogliato da ogni implicazione affettiva e morale, si riduce alla pura sopraffazione nei confronti di chi appare fisicamente e psicologicamente più debole – spesso i genitori – per ottenere quello che viene vissuto come essenziale, il denaro necessario per continuare nella propria aberrante abitudine di vita.
La notizia di stampa riporta la vicenda sottolineando che, «per la prima volta da quando è entrato in vigore, il reato di stalking è stato contestato a un figlio accusato di aver commesso atti persecutori nei confronti della madre». In realtà, nel caso di specie i confini dello stalking risultano superati dai maltrattamenti fisici documentati da certificati medici; quali che siano le contestazioni, comunque, la vicenda potrebbe (non è chiara la data del commesso reato) costituire una prima applicazione del decreto legge n. 93/2013, la cosiddetta legge contro il “femminicidio”, che appunto intende prevenire la “violenza di genere” e tutelarne le vittime.
Il decreto urgente presenta vari aspetti di perplessità, a cominciare dal rilievo che, in termini statistici, e a prescindere dal clamore mediatico di alcune recenti vicende, non sembra che il problema del “femminicidio” sia tra le effettive attuali emergenze e priorità nazionali, tali da giustificare una legislazione d’urgenza. Il provvedimento è ora all’esame del Parlamento e potrebbe, in sede di conversione, trovare anche sostanziali modifiche.
Tra i vari aspetti su cui riflettere, va posta anche l’irrevocabilità della querela: cioè l’impossibilità per la persona offesa di bloccarne il procedimento, una volta che abbia presentato la denuncia. Tale irrevocabilità era prevista solo per la violenza sessuale, ed ora viene estesa anche ai maltrattamenti in famiglia e allo stalking; lo scopo dichiarato è quello di evitare la possibilità che vengano esercitate pressioni sulla parte offesa, magari ricattandola o minacciandola, per ottenerne la rimessione della querela e l’impunità del responsabile. L’esperienza mostra, infatti, che spesso la fragilità della vittima non è adeguatamente difesa dal braccio forte della legge, e il violento ne approfitta.
Rimane tuttavia una perplessità. I rapporti interpersonali in generale, ed in particolare quelli familiari, non sono statici, sono vivi, suscettibili di evoluzione, di mutamenti, di crisi ma anche di ricupero, di perdono, di ricomposizione, secondo dinamiche interne che sfuggono alle categorie giuridiche. Proprio per questa considerazione il legislatore penale, storicamente, ha evitato la perseguibilità d’ufficio per quei reati – di minore gravità oggettiva – che in qualche modo entravano nell’ambito delle relazioni familiari, quasi volesse porsi in termini sussidiari alla autoregolazione propria di tale contesto; la querela era di regola sempre revocabile, affidando in sostanza alla persona offesa la valutazione del permanere dell’opportunità di una sanzione estrinseca, statuale.
Esiste una intima ragionevole coerenza tra la necessità di querela – che subordina la perseguibilità penale del fatto-reato all’iniziativa della parte offesa – e la sua revocabilità, che permette appunto alla vittima di valutare l’evoluzione della situazione e la concreta, attuale utilità dell’intervento sanzionatorio pubblico. E’ in questo senso un’eccezione la disciplina per i reati di violenza sessuale, che prevede l’irrevocabilità della querela (là dove non sia prevista la perseguibilità d’ufficio); è un’eccezione dettata, pragmaticamente, dalla constatazione delle forti pressioni cui, altrimenti, la persona offesa sarebbe sottoposta, e sotto il profilo sistematico viene motivata con la ritenuta gravità oggettiva della lesione della libertà personale (come la riforma del 1996 ha voluto evidenziare, correggendo la precedente impostazione sistematica che collocava tali illeciti tra i delitti contro la moralità pubblica).
Per gli altri comportamenti presi in considerazione dal recente decreto agostano – maltrattamenti in famiglia e stalking – non sembrano esistenti gli stessi presupposti di gravità oggettiva; l’irrevocabilità della querela in qualche caso potrebbe privare la persona offesa di una “leva” per tenere a bada l’aggressore, e sicuramente impedirebbe una composizione spontanea – e quindi più aderente alle esigenze delle persone coinvolte – della situazione interpersonale sottostante; infine, ci si chiede se la consapevolezza della irrevocabilità della querela sia elemento che faciliti le richieste di aiuto, ossia le denunce, ovvero le scoraggi.